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Poltrona per due nel dopoTantazzi

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2010 alle ore 14:14.

di Antonella Olivieri Tra qualche settimana si dovrebbe conoscere il nome del prossimo presidente in pectore di Borsa italiana. A fine mese scade infatti il mandato di Angelo Tantazzi nel board del London Stock Exchange (holding) e nella City è già stata attivata la consueta procedura che parte con la selezione affidata agli head hunter. Al lavoro dovrebbe esserci Anna Mann, la riservata cacciatrice di teste che già aveva individuato per la guida operativa dell'Lse il francese Xavier Rolet al posto che era stato di Clara Furse. Il presidente di Borsa italiana concluderà poi regolarmente il suo mandato in Piazza Affari l'estate prossima con l'assemblea di bilancio. Ha già fatto sapere che non si ricandiderà e dunque, quando si ritirerà da Borsa Spa, lascerà anche il consiglio della Cassa di compensazione e garanzia, mentre per quanto riguarda Montetitoli, dove le scadenze sono sfalsate di un anno, si vedrà.
Di fatto, però, è la nomina a Londra che dovrebbe, a cascata, condizionare il rinnovo delle cariche nelle società italiane del gruppo. Benché l'attuale statuto dell'Lse preveda la figura del vice-presidente, non è detto che il prossimo consigliere italiano che sostituirà Tantazzi gli subentrerà anche nella carica di vice-presidente della capogruppo. Del resto, alla prova dei fatti, gli accordi raggiunti al momento della fusione si sono rivelati scritti sulla sabbia. All'apparenza Milano, considerate le dimensioni impari, aveva spuntato una governance molto favorevole con cinque consiglieri su 12 nel board dell'Lse e le cariche di vice-presidente e vice-ceo per il vertice di Piazza Affari. Con l'uscita di scena dell'ad Massimo Capuano, che aveva accompagnato alle nozze Borsa spa, si è scoperto che il ruolo di vice-ceo valeva solo per lo specifico compito di gestire il processo d'integrazione. Tant'è che il nuovo amministratore delegato di Borsa spa, Raffaele Jerusalmi, è sì entrato nel board della capogruppo londinese ma senza mantenere l'atipica etichetta del suo predecessore.
Ora, dunque, se a logica la carica di vice-presidente andrà ancora a un italiano, non è detto che sarà assegnata al consigliere che sostituirà Tantazzi, e non è detto perciò che, se sarà lui a prenderne il posto in Italia, il prossimo presidente di Borsa spa avrà ancora una carica formale nella cabina di regia della City. In quota italiana nel board dell'Lse, oltre a Jerusalmi e Tantazzi, ci sono anche il vice ad di UniCredit Sergio Ermotti (nato in Svizzera), il direttore generale di Banca Imi Andrea Munari e il presidente dell'Eni Paolo Scaroni. Sulla carta, sembra quest'ultimo il più probabile candidato ad affiancare il chairman Chris Gibson Smith che in passato era stato tra i top executive di Bp. Che abbia o meno incarichi formali nella City, suona comunque strano al di qua delle Alpi che si cerchi una figura istituzionale come dovrebbe essere quella del presidente della Borsa italiana, senza consultare le autorità "locali" e seguendo procedure che paiono più consone per l'ingaggio di un manager operativo. Dopo la selezione del cacciatore di teste è previsto comunque il passaggio in comitato nomine dove – se la rosa sarà esaminata entro fine mese – lo stesso Tantazzi, che ne fa parte, potrebbe curiosamente avere voce in capitolo nella scelta del suo successore. Dopodiché la nomina approderà al consiglio dell'Lse, che difficilmente sarà già quello convocato per il 21 settembre.

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Tags Correlati: Andrea Munari | Angelo Tantazzi | Anna Mann | Antonella Olivieri Tra | Borsa di Londra | Borsa di Milano | Borsa Spa | Bp | Clara Furse | Eni | Istituto mobiliare italiano | Massimo Capuano | Scuola e Università | Sergio Ermotti | Xavier Rolet

 

Di fatto anche il meccanismo che si è messo in moto per la successione a Tantazzi sta a indicare che niente sarà più come prima. Che la fusione, sulla carta quasi alla pari, si è rivelata un'evidente acquisizione. Che la cabina di regia sta a Londra. Che la destrutturazione della Borsa italiana (chiamiamola pure integrazione) continua. Non solo per la procedura poco "italiana" adottata per individuare colui (o colei) che dovrebbe essere l'interlocutore delle istituzioni "locali", ma anche per il depauperamento delle funzioni operative che sempre più, come logico in un'acquisizione, saranno accentrate nel quartier generale della parte predominante. Il responsabile dell'ufficio studi Luca Filippa – è solo l'ultimo esempio – si è trasferito alla gestione della filiale italiana degli indici Ftse e non sarà sostituito.
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