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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2010 alle ore 08:47.
Storie fantastiche quelle di alchimisti quali Richard Fuld, Maurice Greenberg, Stanley O'Neal e Angelo Mozillo. Nei cui laboratori, chiamati rispettivamente Lehman Brothers, Aig, Merril Lynch e Countrywide Financial, la carta straccia veniva trasmutata in oro. Mentre politici, regolatori, supervisori e commentatori stavano a guardare applaudendo.
Fino al 15 settembre 2008. Esattamente due anni fa. Quando, con la bancarotta di Lehman, è partito il drammatico processo a ritroso. E tutto quell'oro, che il resto del mondo si era nel frattempo comprato, è tornato a essere carta straccia. Poi il crack.
In questi due anni, una pletora di esperti ci ha raccontato quelle storie. Con le loro analisi ci hanno spiegato cosa, dove e quando è andato storto. In libri, servizi televisivi, articoli e articolesse. Adesso arriva anche il cinema. Con un film e due documentari. Del primo si è detto già molto. Si tratta del ritorno in scena di Gordon Gekko, icona del bastardo di Wall Street che il regista Oliver Stone sta per riproporre in un sequel la cui uscita in America è prevista per il prossimo 24 settembre.
La fiction di Stone sarà però seguita a ruota da due documentari alla Michael Moore - e cioè del genere che allo stesso tempo spiega, smaschera e intrattiene. Il primo, «Inside Job», è di Charles Ferguson, autore di «No End In Sight», documentario sulla guerra in Iraq nominato per l'Oscar nel 2007. Sarà presentato tra pochi giorni al New York Film Festival e uscirà nelle sale cinematografiche americane il prossimo mese. Il secondo, «Client 9: the Rise and Fall of Eliot Spitzer», è di Alex Gibney, vincitore dell'Oscar del 2007 con «Taxi to the Dark Side», la storia di un tassista afghano ammazzato di botte dai soldati americani che lo hanno preso prigioniero.
Dopo essersi cimentati in una storia di abuso militare, i due autori sono passati a una storia di abuso civile. Non meno letale.
In «Client 9», Gibney descrive gli eccessi di Wall Street seguendo la parabola di Eliot Spitzer, il brillante procuratore generale newyorkese catapultato sulla poltrona di governatore dello stato dalla sua battaglia solitaria contro quegli eccessi (prima che le avventure con una prostituta lo costringessero alle dimissioni). «Inside Job» illustra invece la ragnatela di rapporti e complicità dietro al crack. Attraverso le parole dei protagonisti. Come lo stesso Spitzer: «I regolatori avrebbero potuto fare tutto quello che ho fatto io. È che non volevano». O l'economista Nouriel Roubini: «Non vogliono andare a scavare, perché altrimenti troverebbero i colpevoli».
