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Finanza e Mercati Materie Prime

«Nel 2011 l'oro andrà a 1.500 dollari»

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2010 alle ore 08:00.

ROMA - «Restiamo convinti che l'oro toccherà i 1.500 dollari per oncia per la fine dell'anno prossimo: già due anni fa, quando il metallo giallo viaggiava sugli 800 dollari, questo era stato il nostro pronostico per il 2011, e non cambiamo opinione». Francisco Blanch, head of global commodities research di Bank of America Merrill Lynch, ha confermato questa previsione ieri mattina a Roma, intervistato dal Sole 24 Ore: qualche ora dopo, a sostenere la sua tesi, l'oro ha segnato nuovi record. A Londra i prezzi spot sono saliti al livello senza precedenti di 1310,10 dollari per oncia mentre a New York il future con scadenza dicembre ha conquistato un massimo storico a 1.311,80 dollari.

A spingere il prezzo dell'oro all'insù, sforando soglie sempre più alte, concorrono fattori diversi. Per Blanch l'oro ha attraversato tre fasi. La prima è collegata al "credit risk" scaturito dal crack della Lehman Brothers e vede il metallo giallo anche come bene rifugio. La seconda fase rialzista è nata con la crisi del debito sovrano e si è alimentata con la svalutazione delle monete nei paesi con crescita economica fiacca. «Non dimentichiamo che l'oro è un'alternativa alle "Fiat currencies", le valute non garantite da un bene fisico (come l'oro, ndr) e il cui valore viene determinato dalla fiducia di chi le usa». La terza fase è più recente e ha a che fare con il quantitative easing. «Nelle ultime settimane, la Federal Reserve ha deciso di acquistare titoli di Stato Usa con l'incasso dei Treasuries in scadenza: le dimensioni del suo bilancio restano intatte mentre invece sarebbero diminuite naturalmente con il rimborso dei bond scaduti», ha spiegato Blanch, secondo il quale anche l'ultimo intervento della Bank of Japan, che ha venduto yen, ha spinto le quotazioni dell'oro.

La crisi è multipla (dai mercati finanziari e bancari, all'economia, per finire al debito sovrano europeo) ma il prezzo del metallo giallo trova sempre un buon motivo per salire.
Nel periodo del rischio di iperinflazione, l'oro era strumento di copertura. Ora che si discute di deflazione, la corsa al rialzo delle quotazioni aurifere non rallenta. Per Blanch questo fenomeno trova spiegazione nei due tipi di inflazione, quella "core" (che esclude alcuni prodotti) e quella legata alle commodities: queste due inflazioni e la deflazione coesistono e possono avere andamenti opposti.

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Tags Correlati: Bank of America Merrill Lynch | Bank of America-ML | Bank of Japan | Federal Reserve | Fiat | Francisco Blanch | Lehman Brothers | Londra | Materie prime | Opec | Stati Uniti d'America

 

Le previsioni più ottimistiche di Bank of America-ML vanno oltre l'oro. «Siamo positivi su alcuni metalli come rame, zinco e piombo», sostenuti da investimenti nelle infrastrutture nei paesi emergenti e dal calo delle scorte. «Non ci piacciono alluminio e nickel», ha aggiunto Blanch. In quanto al petrolio, la spinta al rialzo per l'anno prossimo sarà modesta: fino a 85 dollari al barile, in virtù di un aumento della liquidità (con tassi d'interesse a quota zero o addirittura negativi) e una domanda sostenuta negli stati emergenti. Le scorte dei paesi Opec però agiranno da "cuscinetto", attenuando il rialzo dei prezzi.
In quanto alla speculazione, capace di drogare i prezzi di alcune commodities secondo una diffusa scuola di pensiero, per Blanch è«irrilevante». Gli investimenti di natura finanziaria muovono i prezzi solo attraverso gli exchange traded funds che detengono fisicamente l'oro. Guardando avanti, non è la speculazione il vero problema. Per Blanch bisogna preoccuparsi delle bolle che si stanno gonfiando nei paesi emergenti, dove i tassi sono alti e dove gli investimenti sono finanziati tramite indebitamento in valute estere con tassi molto bassi. «Sono queste le tensioni che potrebbero danneggiare l'economia globale in due-tre anni».

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