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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2010 alle ore 07:54.
Una soluzione di mediazione che è servita a sbloccare una situazione che rischiava di prendere una piega inattesa. La decisione con cui il cda UniCredit «in via preliminare» ha indicato che al momento le quote libiche non possono essere considerate autonome e che, quindi, sono necessari nuovi approfondimenti, serve a tutti per prendere tempo.
In cda ieri è arivato un parere legale - chiesto dalle fondazioni - dove si affermava che il 7,5% facesse capo ad un'unica mano (ipotizando il congelamento delle quote eccedenti il tetto in assemblea), tesi da tempo confutata da Tripoli che in due distinti pareri (uno alla Consob sulla trasparenza e l'altro destinato a Bankitalia sulla governance) ha detto che la Banca centrale Libica (con il 4,988%) e la Libyan Investment Authority (al 2,59%) sono soggetti distinti e autonomi tra di loro, e quindi non veniva sforato il tetto del 5 per cento. Se il cda ieri avesse fatto proprio in qualche modo questo parere il vice presidente, Fahrat Omar Bengdara - governatore della banca centrale libica - probabilmente non avrebbe votato, rompendo quell'unanimità che ha contrassegnato il primo atto del dopo-Profumo. In questo modo si riavvia un iter legale complesso, ma senza i tempi stretti delle scorse settimane. Ieri Bengdara, al termine del cda, ha detto che non è intenzione degli investitori libici salire ulteriormente. Ma c'è già chi butta qualche sasso nello stagno: «Bengdara è il governatore della banca centrale, che è molto vicina al 5% - osserva una fonte vicina dossier - ma se fosse la Lia a salire ulteriormente, allora questa sarebbe la prova più netta che i due soggetti si muovono autonomamente».