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Finanza e Mercati In primo piano

Mulally: «Ford torna a pieno regime. Entro un anno zero debiti»

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2010 alle ore 10:04.

Parigi - Alan Mulally ha l'entusiasmo contagioso di molti manager americani. Un entusiasmo quasi da predicatore, con cui "vende" sia la storia di successo della ristrutturazione Ford che gli ultimi modelli della marca. "Ha guidato la nuova C-max 7 posti? Fantastica!" dice al giornalista appena seduto. Ha in mano una tesserina di plastica, dimensioni di una carta di credito, su cui sono stampati i principi della "sua" Ford: dal focus sul marchio alla volontà di essere i primi in ogni regione. Ogni volta che enuncia un principio, lo evidenzia sulla tessera ormai consumata: "Vede?"

Mulally, 65 anni, aria giovanile, è da quattro anni al vertice della Ford. Quando arrivò, nel settembre 2006, non erano scoppiate né la crisi dell'auto Usa né la bolla dei mutui subprime; ma l'azienda era già in difficoltà sul mercato, così come le due rivali americane, e perdeva miliardi di dollari l'anno. Il manager, che ha passato oltre 35 anni alla Boeing, prese subito la decisione forse più importante della sua carriera: ottenne oltre 23 miliardi di dollari dalle banche dando in pegno una serie di attività, compreso il marchio Ford dell'ovale blu. I fondi così ammassati permisero all'azienda, due anni dopo, di scegliere la strada della ristrutturazione autonoma invece di portare i libri in tribunale come furono costrette a fare le due rivali General Motors e Chrysler. Una strategia che si è rivelata vincente: nel secondo trimestre del 2010 Ford ha guadagnato 2,6 miliardi di dollari, ed è riuscita a chiudere in nero anche sul mercato Usa. In un'intervista al Salone di Parigi, Mulally la spiega al Sole 24 Ore.
Nel 2006 prendemmo quattro grandi decisioni, che ci hanno portato ai risultati di adesso. Il focus sul marchio Ford, che già allora pesava per l'85% delle vendite; l'allargamento della sua gamma a tutti i segmenti; la volontà di essere i migliori, non solo di poter competere; infine la strategia di far cooperare meglio le nostre attività in tutto il mondo per poter raggiungere volumi di produzione più elevati e sfruttare tutte le sinergie: adesso produciamo 2 milioni di auto l'anno sulla piattaforma della Focus, 10 diversi modelli con l'80% delle componenti uguali. A tutto questo era collegato il maxiprestito, che serviva a mettre in pratica la strategia. Durante la peggiore recessione del dopoguerra abbiamo mantenuti intatti tutti i nostri piani d'investimento, ma abbiamo al tempo stesso perseguito una aggressiva ristrutturazione. L'idea era di poter ripartire con il turbo quando l'economia avesse superato la recessione.

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Tags Correlati: Alan Mulally | Bill Ford | Boeing | Chrysler | Dan Akerson | Fiat | Focus | General Motors | Parigi | Prezzi e tariffe | Sergio Marchionne | Stati Uniti d'America

 

Ford segue una strategia opposta a quella di molti concorrenti: mentre c'è chi accumula marchi e acquisizioni, negli ultimi quattro anni Ford ha ceduto Land Rover, Aston Martin, Jaguar e Volvo, e ha deciso di chiudere il marchio americano Mercury. Oltre a Ford stessa resta solo Lincoln, il brand di lusso presente solo negli Usa. Che non sembra in ottima salute..
L'eliminazione di Mercury ci permetterà di liberare risorse da investire in Lincoln; vogliamo rafforzarla negli Usa e poi portarla anche all'estero. In Cina, per esempio, dove potremmo sbarcare senza neppure dover togliere quote ai concorrenti, vista la crescita del mercato.

I conti sono ora in attivo. Quando restituirete tutti i debiti?
Contiamo di azzerare il debito netto entro il 2011. Saremo inoltre solidamente profittevoli già quest'anno, con un cash flow positivo dalle attività nell'auto. Nel 2011 faremo ancora meglio. E siamo nettamente in anticipo rispetto ai piani di ritorno a un rating "investment grade. Ciò è importante, perché abbiamo un'attività di credito rilevante con Ford Credit, che finanzia sia le vendite di veicoli che le concessionarie; e il suo rating dipende dal nostro.

Nel 2009 avete deciso di non portare i libri in tribunale. I vostri due concorrenti lo hanno fatto, hanno ricevuto decine di miliardi di finanziamenti statali e hanno potuto tagliare i costi drasticamente. Non vi sentite svantaggiati sul piano competitivo?
I vantaggi del fatto di gestire un'azienda sana sono totalmente superiori a quelli del processo di ristrutturazione con il Chapter 11. Portando i libri in tribunale il messaggio è chiaro: siamo un'azienda fallita. Non siamo in grado di stare in piedi da soli.
Badi che noi abbiamo appoggiato il loro salvataggio: se Gm e Chrysler fossero fallite, il loro crollo avrebbe potuto trascinare l'economia americana da un recessione alla depressione. Per me è stato veramente surreale andare a testimoniare a favore dei miei concorrenti! Credo che l'unico svantaggio che abbiamo è che paghiamo un po' più di interessi, e anche questo lo stiamo eliminando in fretta. Ma guardi i vantaggi: abbiamo potuto continuare a investire in tempi di crisi, non abbiamo calpestato i nostri azionisti e obbligazionisti, non abbiamo abbandonato i concessionari; e l'immagine positiva presso la gente in generale, per il fatto di non avere utilizzato le loro tasse. In generale, lo svantaggio finanziario era comunque parte del nostro piano. In realtà prendemmo a prestito un po' più di quanto strettamente necessario al piano di rilancio: c'erano i prezzi della benzina che aumentavano, l'economia che rallentava già...

Come avete fatto a tagliare i costi senza Chapter 11?
La riduzione dei costi del lavoro era parte del nostro piano del 2007. A quell'epoca andammo da tutti gli stakeholders e spiegammo il piano, chiarendo che l'unico modo per crescere e fare utili era quello di avere dei costi competitivi. Siamo riusciti a cambiare i piani pensione, a ridurre i salari, a cambiare le norme sulla flessibilità del lavoro. In ogni paese del mondo siamo attualmente competitivi con i migliori. Naturalmente, il piano prevede che si continui a migliorare la qualità e la produttività.

Siete concorrenziali anche con gli impianti giapponesi negli Usa, per esempio Toyota?
Assolutamente. Anche le nostre vetture ecologiche lo sono: la Fusion ibrida fa 41 miglia per gallone, mentre la Toyota Camry ne fa 33!

Avete ripreso ad assumere?
Sì, ma non in grandi numeri. Per quelli, bisognerà aspettare che l'economia Usa riparta

Non teme il double dip, la seconda fase della recessione?
Adesso stiamo crescendo, anche se più piano che in altri casi passati; del resto la recessione è stata una delle peggiori della storia, no? Sono incoraggiato dall'accento che i leader politici in tutto il mondo mettono sulla crescita. E tutti i segnali puntano al miglioramento.

La domanda di auto negli Usa tornerà mai ai livelli pre-crisi?
In base ai fondamentali arriveremo almeno a 16-17 milioni di veicoli venduti (quest'anno ne sono previsti al massimo 12, ndr). C'è stato in passato un periodo di surriscaldamento, spinto dai bassi tassi di interesse e dal basso prezzo dei carburanti. In futuro però, anche guardando solo alla crescita del Pil, la domanda di auto continuerà a crescere a un ritmo del 3-5 per cento; altri mercati più piccoli crescono dell'8 o del 10%. Anche un questo periodo di crescita che sembra bassa, il mercato mondiale crescerà a un tasso del 5-10 per cento. Quanto ai nostri obiettivi di crescita, con questa gamma di prodotto siamo in grado ai aumentare la quota di mercato e anche la redditività al tempo stesso

In Europa però quest'anno Ford ha perso quote di fronte a una concorrenza aggressiva..
Noi non andiamo a caccia di quote di mercato: è un comportamento distruttivo. Alcuni concorrenti lo stanno facendo perché hanno capacità in eccesso, ma non è un comportamento che possa andare avanti a lungo.

Ford ha sovracapacità in Europa?
No. Ma continueremo a ristrutturare aggressivamente per restare profittevoli a ogni livello della domanda di auto. Nel resto del mondo sono orgoglioso che facciamo utili in ogni regione. Finora ci siamo concentrati sulla ristrutturazione del business, ma adesso vogliamo accelerare l'espansione internazionale.

La Ford Ka in Europa è costruita in Polonia da Fiat sulla piattaforma della 500. Sarà così anche per la futura generazione?
La partnership va benissimo ed è stata la decisione giusta quando l'abbiamo presa. Ma è troppo presto per dire cosa accadrà in futuro.

Lei, così come Sergio Marchionne e Dan Akerson della General Motors, è un manager che ha passato la maggior parte della carriera fuori dal settore auto. Cosa ha portato la sua esperienza alla Ford?
Le dico cosa cercava a quell'epoca Bill Ford: un leader con esperienza, abituato ai mercati internazionali e ai cicli economici; capaca di capire la tecnologia di prodotti sofisticati; capace di organizzare centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo; capace non solo di disegnare una strategia, ma di metterla in pratica. Bill ha detto di aver trovato questo leader in me. E se lei guarda all'industria dell'auto, non so quanta gente ci fosse con quelle caratteristiche - specie se considera il modo in cui l'industria era gestita prima! Le assicuro che alla Boeing (l'azienda da cui veniva Mulally, ndr) ne avevo visti parecchi, di cicli! Pensi solo alla guerra del golfo, al crollo del traffico aereo dopo la Sars, all'11 settembre... Un fattore fondamentale è essere capaci di investire nei periodi più difficili, per poter essere competitivi al momento della ripresa.

Cosa pensa dell'auto elettrica. Davvero è giunta la sua ora?
E' un prodotto che continuerà a evolversi. Manca ancora una soluzione di sistema; manca l'infrastruttura; ci servono le batterie tecnicamente e commercialmente valide, in grado di caricarsi in tutte le condizioni atmosferiche: oggi non le abbiamo. Più ci daremo da fare, più l'auto elettrica andrà avanti. Ma è importante anche che l'energia elettrica che si usa venga da fonti pulite..

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