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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2010 alle ore 16:53.
Le banche italiane «sono in grado di fare fronte e sono pronte a rispettare» le nuove norme di Basilea3 che impongono limiti più elevati di capitale, ma il «rigore degli incrementi richiesti» «potrebbe avere conseguenze per la ripresa dell'economia». Lo afferma il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari nell'audizione alla commissione attività produttive della Camera secondo cui «dobbiamo operare perchè ciò non avvenga».
In generale Mussari riconosce come «il complesso dei provvedimenti consegnerà benefici di lungo periodo in termini di minori probabilità di crisi» ma «il circuito che va da capitale e liquidità ai tassi di interesse e poi al credito in circolazione e quindi all'economia è un circuito complesso e delicato». Per questo «nel medio periodo può condurre a inevitabili costi macroeconomici». Per favorire la crescita economica, un importante elemento è «la redditività delle banche» da cui dipendono «stabilità finanziaria, finanziamenti e investimenti e tutela degli assetti di governance delle banche quotate».
Tra i punti di «maggiore rilevanza e di forte preoccupazione» figura il «regime fiscale per le banche, foriero di rilevanti imposte differite attive che non saranno più computabili nel patrimonio di vigilanza». Per questo al momento sono in corso di predisposizione proposte che «verranno presentate alle autorità per trovare soluzioni adeguate».
Le banche italiane, precisa Mussari, rischiano delle «ingiuste penalizzazioni» dall'introduzione delle regole di Basilea3, la quale «non tiene conto adeguatamente dei diversi modelli di business e delle vere cause che hanno scatenato la crisi finanziaria». E rileva come l'impianto delle nuove regole «con un approccio estremamente rigoroso sul capitale e la scelta di far passare in secondo piano altre misure (come il grado di leva) è penalizzante per le economie che fanno perno sulle banche per il loro finanziamento». Gli istituti di credito italiani, ha rivendicato il presidente Abi, «hanno retto meglio di altri la crisi grazie al loro forte legame territoriale e alla preponderante quota di prestiti all'economia rispetto a quelli finanziari» oltre che «a una raccolta basata su depositi e obbligazioni».