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Bankitalia chiama il figlio di Ambrosoli

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2010 alle ore 08:07.


Offanengo, meno di 6mila abitanti a 5 chilometri da Crema, non è di certo Milano. La sua Banca di credito cooperativo non arriverà mai al rango al quale 35 anni or sono assurse la Banca privata italiana. Tra gli azionisti della piccola Bcc nessuno, ne siamo certi, ha una "statura" paragonabile a quella di Michele Sindona. Eppure fra la tristemente famosa Banca privata e il pressoché sconosciuto istituto cremasco c'è un legame forte, fortissimo: perché corre da padre in figlio. Da Giorgio a Umberto Ambrosoli. Che due giorni fa, insieme a Livio Da Rugna e Gian Pietro Castaldi, è stato nominato componente del Comitato di sorveglianza chiamato a sostituire gli organi societari e a collaborare all'amministrazione straordinaria della Bcc, affidata al commissario Sergio Mauriello.
Non è la prima volta che gli ispettori di Banca d'Italia e le Fiamme Gialle calano in quel di Offanengo. Era già successo nel 2007, quando via Nazionale comminò sanzioni a consiglieri, sindaci e direttore per non aver segnalato «all'organo di Vigilanza posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite». La cattiva abitudine di tentare di nascondere la polvere sotto il tappeto corre carsica anche tra le Bcc, come dimostra anche la vicenda di un altro istituto lombardo, MantovaBanca 1896, recentemente commissariato a causa di un "buco" da 27 milioni.
Le residue chance di evitare guai peggiori alla banca cremasca sono svanite pochi mesi fa, con l'esito negativo di due tentativi di "accasarla" con istituti limitrofi, stemperandone le difficoltà in patrimoni più solidi. Perché a fine 2009 i conti della Bcc segnavano sofferenze nette per 7,6 milioni, incagli per 17,6 e crediti scaduti per 1,5. I crediti deteriorati, al netto delle svalutazioni, erano pari a 27 milioni su impieghi inferiori a 110. Il conto economico segnava perdite per 9,1 milioni, il patrimonio netto si riduceva a 7,14 milioni.
Il minuscolo istituto (cinque sportelli, 31 dipendenti) è insomma in gravi difficoltà. Che però non sono paragonabili alla voragine da 207 miliardi di lire segnata nel 1974 dalla Banca privata italiana. Una somma che, rivalutata, oggi supererebbe il miliardo di euro. D'altronde la Bcc dietro a sé non ha né la trama di intrighi internazionali né le connection con la mafia e la P2 che segnarono i destini dell'istituto di Sindona, del suo liquidatore e dello stesso bancarottiere siciliano.

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Tags Correlati: Banca d'Italia | Gian Pietro Castaldi | Giorgio Ambrosoli | Guardia di Finanza | Livio Da Rugna | Loggia P2 | Michele Sindona | Normativa sulle banche | Offanengo | Sergio Mauriello | Umberto Ambrosoli

 

Il compito che ora attende il 39enne avvocato penalista milanese è dunque ben più semplice e infinitamente meno rischioso di quello di cui si fece carico suo padre. Ma il senso del dovere, "qualunque cosa succeda", come Giorgio Ambrosoli scrisse profeticamente alla moglie quattro anni e mezzo prima della notte dell'11 luglio 1979, quando cadde sotto i colpi di un sicario armato da Sindona, è certamente lo stesso dell'uomo che il figlio non ama definire "eroe", omaggio che gli attribuì il titolo di un bel libro, ma semplicemente "esempio". Un'eredità che Umberto Ambrosoli porta avanti e condivide.
nicola.borzi@ilsole24ore.com
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