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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2010 alle ore 08:55.
Per gli esperti del private banking, la chiave per una buona asset allocation dei grandi portafogli è la diversificazione. Soprattutto in una fine d'anno che si configura all'insegna di un'elevata volatilità dei mercati azionari, bassi tassi di rendimento per i titoli di stato, e un numero crescente di opportunità di investimento nei Paesi emergenti.
Obbligazioni: puntare sui Paesi emergenti grazie ai fondi specializzati
Secondo Renato Bassetto, responsabile della struttura organizzativa Portfolio Quality Analyst di Unicredit Private Banking, un portafoglio bilanciato per la clientela PB può contenere oggi una percentuale di investimenti obbligazionari del 55 per cento. «Tutti i Paesi sviluppati si sono allineati alla politica monetaria statunitense di iniezioni di liquidità e tassi bassi. Anche la Banca Centrale Europea difficilmente rivedrà i tassi per i prossimi mesi». La componente obbligazionaria potrebbe quindi dividersi in un 60% di bond governativi, un 30% di corporate bond investment grade, e un 10% di bond sui Paesi emergenti. «Per le obbligazioni governative privilegiamo le scadenza a 3-5 anni; non crediamo che quelle a lungo termine offrano una buona redditività, proprio perché i mercati scontano già la prospettiva di una politica di tassi bassi stabile per i mesi a venire». I bassi rendimenti dei bond governativi possono infine stimolare la ricerca di investimenti più interessanti verso le obbligazioni corporate ed emergenti: L'importante, in entrambi i casi, è operare esclusivamente attraverso strumenti diversificati e fondi specializzati, per avere un paniere di emissioni e un singolo titolo. Siamo positivi sui Paesi emergenti, che hanno un debito pubblico contenuto rispetto a quello dei paesi sviluppati, cui abbinano una crescita economica decisamente più accentuata; il conseguente flusso finanziario in entrata darà sostegno al loro mercato obbligazionario».
Azioni: investire con flessibilità e selezione
Manuela Maccia, responsabile dell'advisory desk di Bnl-Bnp Paribas private banking, attribuisce alla componente azionaria di un portafoglio con profilo di rischio moderato un peso non superiore al 45 per cento. «Il 14% del patrimonio può essere investito direttamente in azionario Usa, per il 7%, ed azionario area euro, per un altro 7%. Non vediamo ragione di privilegiare l'uno rispetto all'altro e siamo comunque piuttosto cauti: sempre meglio investire prevalentemente attraverso fondi per avere una differenziazione di base». Se proprio si voglio selezionare i titoli, meglio privilegiare investimenti su società large cap, con esposizione in settori difensivi come quello delle telecomunicazioni, dell'health care, l'energetico e il tecnologico. Secondo Mascia, i titoli devono aver dimostrato di «saper staccare dividendi non solo elevati, ma anche e soprattutto stabili nel tempo; le società devono essere esposte anche sui mercati emergenti, per trarre beneficio dalla loro crescita dei consumi interni. Quando si valutano le azioni è importante tenere in considerazione anche il loro pricing power». Un altro 5% del portafoglio totale può essere destinato agli investimenti azionari su mercati emergenti, sui quali Bnl-Bnp PB ha una visione positiva nel medio termine con preferenza per i Paesi asiatici. Il restante 26% di investimenti azionari è riservato ai prodotti flessibili: «Questi strumenti oggi sono importantissimi perché consentono di effettuare aggiustamenti dinamici nell'asset al location a seconda delle fasi di mercato. Ad agosto c'è stata una forte correzione dei mercati azionari, a settembre un rally da record: in queste condizioni, è molto difficile fare un timing preciso su un singolo prodotto azionario. Per questo preferiamo avere una buona componente flessibile in portafoglio».