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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2010 alle ore 09:48.
Una guerra a basso potenziale, che forse non deflagrerà in conflitto aperto, ma che vivrà di imboscate e dispetti, e farà sicuramente una vittima illustre: la tanto attesa, e invece ancora lontana, stabile ripresa economica. L'ultimo episodio giunto a seminare zizzania sullo scacchiere mondiale, e a innescare una probabile spirale di rappresaglie protezionistiche, è di ieri. Gli Stati Uniti hanno deciso di avviare un'inchiesta sulle accuse mosse dallo United Steelworkers, il maggiore sindacato americano del settore industriale, secondo cui Pechino avrebbe concesso aiuti illeciti alle aziende cinesi nel settore delle energie rinnovabili, in particolare dell'eolico e del solare, violando gli obblighi imposti dalla World Trade Organization. Sullo sfondo, come ormai da molti mesi, il dramma dell'occupazione americana: «Per gli Stati Uniti il settore delle energie rinnovabili è di vitale importanza – ha detto il segretario Usa al Commercio estero, Ron Kirk – le tecnologie pulite saranno un motore per la crescita dell'occupazione».
La lite sugli aiuti all'industria ambientale rischia di peggiorare i rapporti tra Usa e Cina, già tesi per la politica valutaria di Pechino che rimane sorda agli appelli sulla necessità di riequilibrare il cambio dello yuan. Intanto, in quella drôle de guerre che appare il braccio di ferro sulle valute, si registra l'ennesimo episodio di attendismo. È stata infatti rinviata a novembre, dopo il summit del G20 in programma a novembre in Corea del Sud, la pubblicazione del rapporto del Tesoro americano sulle politiche valutarie dei principali partner commerciali dell'America, Cina compresa (si veda articolo accanto). Prima del rinvio, Pechino aveva messo le mani in avanti: gli Stati Uniti non devono fare dello yuan «il capro espiatorio» del loro problemi economici, ha dichiarato il portavoce del ministro cinese del Commercio estero, Yao Jian.
Ma il braccio di ferro sulle valute è una storia di respiro mondiale, che non vive solo del confronto Usa-Cina. Sullo sfondo ci sono le più importanti nazioni emergenti, alle strette perché terra di sbarco di un forte flusso di capitali internazionali in cerca di remunerazioni più interessanti di quelle assicurate dai tassi vicini allo zero dell'ex mondo avanzato. Questo flusso sta pilotando le loro valute verso l'alto, e sta minacciando il loro export, la loro crescita economica e, alla lunga, la loro tenuta sociale.