House Ad
House Ad
 

Finanza e Mercati In primo piano

Fuga dei gestori europei dalle blue chip italiane

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2010 alle ore 14:45.

Piazza Affari interessa sempre di meno ai fondi azionari europei. I quali, al contrario, aumentano il loro "impegno" verso la Borsa di Francoforte e lasciano in stand by la City londinese e l'Euronext di Parigi. È questo, a grandi linee, il quadro dipinto dai numeri di Morningstar. Uno scenario che salta fuori dall'analisi, negli ultimi cinque anni, delle strategie di circa 1.500 fondi (3.500 asset class) attivi su tre tipi di società: le large cap (oltre 8,2 miliardi di dollari di capitalizzazione), le mid cap (più di 1,5 miliardi) e le small cap (oltre 365 milioni).

Ebbene, dal 2005 ad oggi i gestori del Vecchio continente hanno ridotto la loro esposizione media verso le blue chip italiane dal 7,3% al 4,3 per cento. «Una diminuzione non da poco - sottolinea Marco Frittajon, esperto di Morningstar e autore dell'analisi -. In termini percentuali vuol dire un calo della quota investita del 41% circa». La storia si ripete con le società medie: l'esposizione scende dal 7,1 al 4,6 per cento. Fanno eccezione, invece, le piccole aziende: gli istituzionali hanno aumentato la loro quota su questi titoli dal 5,8 al 6,8 per cento. Una conferma della capacità d'attrazione delle nostre multinazionali tascabili «che però - è il commento di Frittajon -, non riesce a controbilanciare la perdita di appeal dei grandi e medi gruppi made in Italy».

Altra la musica dalle parti di Deutsche Boerse. In quel di Francoforte tutte le categorie di fondi hanno incrementato la loro quota, con il peso medio delle large cap passato, nel quinquennio, dal 10,4 al 15 per cento.

«È la "corsa all'oro" tedesco - commenta Gregorio De Felice, responsabile del servizio studi di Intesa Sanpaolo -. Il Pil della Germania, in linea tendenziale, dovrebbe crescere il 4% nel 2010; quello dell'Italia dell'1 per cento. Berlino è vista come un porto sicuro per i propri risparmi: basta vedere la crescita dei prezzi del Bund. Economia in ripresa, conti pubblici più solidi di altri stati europei ne fanno un luogo che attira gli investimenti, anche sull'equity». Insomma, la Borsa tedesca può sorridere. A differenza degli altri due grandi mercati finanziari europei dove lo stato d'animo è più interlocutorio: tra le nebbie londinesi l'interesse per le blue chip, dal 2005 ad oggi, è sceso (dal 31,2 al 28,4%); in crescita, al contrario, quello per le small e le mid cap. A Parigi, invece, è praticamente invariata l'esposizione sui big (dal 15,8 è passata al 15,7%) mentre segnano un po' il passo le piccole e medie società.

L’articolo continua sotto

Tags Correlati: Borsa di Francoforte | Borsa di Milano | Borsa Valori | Giovanni Tamburi | Gregorio De Felice | Intesa Sanpaolo | Italia | Marco Frittajon | Reddito fisso |

 

In entrambe le piazze borsistiche, va però ricordato, la quota media investita dai fondi azionari resta comunque maggiore rispetto all'Italia. Un dato su tutti: l'esposizione sulla City nel 2010 resiste sopra il 20%; a Piazza Affari si scende sotto il 5 per cento.

Il peso del benchmark
Fin qui lo scenario complessivo europeo: quali, invece, le peculiarità del mercato milanese? «Ciò che emerge dall'analisi - risponde Frittajon - è che i fondi europei ultimamente sottopesano l'equity italiano. Una situazione dovuta a vari motivi: in primis c'è l'andamento della capitalizzazione di Piazza Affari».

Vale a dire? «Il calo dell'S&P Mib, dove forte è la presenza di titoli bancari, ha schiacciato la market cap. Di conseguenza, è sceso il peso della Borsa italiana sui benchmark cui sono legati molti fondi che, giocoforza, hanno ridotto la percentuale del portafoglio esposto sul nostro paese».

Una considerazione che trova eco nelle parole di De Felice: «Non può dimenticarsi - dice l'esperto - che la ridotta esposizione dei fondi è anche lo "specchio" di un mercato più piccolo rispetto agli altri. In particolare, la minore percentuale di portafoglio investito sulle large cap italiane è conseguenza di una Borsa dove le grandi capitalizzazioni scarseggiano. A Piazza Affari, le società oltre 10 miliardi di dollari raggiungono il numero di 16; a Parigi sono 39 e alla City di Londra ben 63. Nel confronto, prima di parlare di sopra o sotto esposizione, bisogna tener in conto queste misure di grandezza».

Il caso Italia
Il suggerimento, insomma, è di maneggiare con cautela i confronti tra i vari numeri, tenendo ben presente le differenze di struttura e dimensione dei diversi mercati. Ciò detto, non può negarsi l'esistenza anche di un "caso" Italia. Per accorgersene basta analizzare l'andamento del peso di Piazza Affari sul Msci Europe, uno tra i benchmark più usati dai fondi. Ebbene, l'Italia è passata dal 5,65% del settembre 2005 al 4,36% del mese scorso. La riduzione, cioè, è minore rispetto al calo dell'esposizione sulle large e mid cap. Quindi, non è solo questione di benchmark.

«L'appeal dell'equity italiano diminuisce - conferma Giovanni Tamburi, banchiere d'investimento e fondatore di Tip - L'eccezione è, ancora una volta, rappresentata dalle medie imprese, la vera spina dorsale del tessuto industriale italiano». Un atout comunque insufficiente. «In Italia non siamo capaci a fare le grandi aziende. Da un lato, scontiamo la politica e un sistema-paese che non sostengono l'imprenditoria: i gruppi tedeschi o inglesi nella loro espansione, per esempio in Cina, sono affiancati dal governo; da noi ciò non accade. Inoltre, c'è un tema più strutturale». Vale a dire? «Il nostro capitalismo familiare ha sempre visto la Borsa, e la conseguente apertura a nuovi capitali, come un passo negativo. Si privilegia il controllo dell'azienda a sfavore della crescita della stessa: la pubblic company è vista come il fumo negli occhi». Occhi che, al contrario, dovrebbero aprirsi. Pena, il declino economico.

Shopping24

Da non perdere

L'esempio di Baffi e Sarcinelli in tempi «amari»

«Caro direttore, ho letto (casualmente di fila) i suoi ultimi tre memorandum domenicali. Da

L'Europa federale conviene a tutti

Ho partecipato la scorsa settimana a Parigi a un incontro italo francese, dedicato al futuro

Non si può privatizzare la certezza del diritto

In questa stagione elettorale, insieme ad un notevole degrado, non solo lessicale, ma anche di

Le sette criticità per l'economia Usa

Quale futuro si prospetta per l'economia degli Stati Uniti e per quella globale, inevitabilmente

Sull'Ilva non c'è più tempo da perdere

La tensione intorno al caso dell'Ilva non si placa. Anzi, ogni giorno che passa – nonostante i

Casa, la banca non ti dà il mutuo? Allora meglio un affitto con riscatto. Come funziona

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è


Jeff Bezos primo nella classifica di Fortune «businessperson of the year»

Dai libri alla nuvola informatica: Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon,

Iron Dome, come funziona il sistema antimissile israeliano che sta salvando Tel Aviv

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una

Dagli Assiri all'asteroide gigante del 21/12/2012, storia di tutte le bufale sulla fine del mondo

Fine Del Mondo, Armageddon, end of the World, Apocalypse? Sembrerebbe a prima vista roba da