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Lvmh dà la scalata a Hermès con un investimento di 1,45 mld di euro

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2010 alle ore 14:15.

Il colosso del lusso Lvmh ha annunciato di detenere il 14,2% del capitale della concorrente Hermès. Il gruppo guidato da Bernard Arnault, in un comunicato a sorpresa, ha precisato di non essere intenzionato a scalare l'azienda competitor, produttrice delle celebri borse Kelly e Birkin, o di prendere il controllo della maggioranza. Lvmh ha dichiarato di non essere neppure intenzionata a chiedere un posto nel consiglio di amministrazione di Hermès, ritenendo l'investimento "a lungo termine, con l'obiettivo di contribuire a preservare la famiglia e le peculiarità francesi, che sono il cuore del successo globale di questo iconico marchio".

Lunedì mattina Lvmh diffonderà un dettagliato comunicato nel quale verranno spiegati i dettagli dell'operazione, che non è stata commentata da Hermès. Lvmh ha però subito precisato di sostenere "appieno le strategie sviluppate dalla famiglia fondatrice e dal management, che hanno fatto del brand uno dei gioielli dell'industria del lusso".
Non appena Lvmh convertirà alcuni strumenti derivati già in suo possesso, pari a oltre 3 milioni di azioni, Lvmh raggiungerà presto una quota del 17,1% del capitale, con un investimento totale di 1,45 miliardi di euro.

Da chi abbia acquistato le azioni Lvmh resta un mistero: alcune fonti citano "un intermediario", mentre la famiglia Dumas, quinta generazione del marchio fondato nella capitale francese nel 1937 detentrice del 70% delle azioni, ha sempre dichiarato di non essere intenzionata a cedere, nonostante i frequenti rumor di mercato. Del resto, nell'ultimo anno il titolo in Borsa è balzato dell'88% (e del 65% da luglio) e garantisce da sempre ampia soddisfazione agli azionisti.
Forse, però, a soli cinque mesi dalla scomparsa di Jean-Louis Dumas, artefice della quotazione in Borsa e del balzo nell'Olimpo delle griffe, alcuni membri della famiglia sono meno convinti di restare tutti uniti.

L'annuncio di Louis Vuitton Moet Hennessy ha colto di sorpresa anche gli insider del settore: l'ultimo rastrellamento di azioni di un diretto concorrente nel mondo del lusso risale al 1998, quando – pure in un sabato mattino, ma di un afoso giugno – Patrizio Bertelli annunciò di avere in mano il 5,05% di Gucci, pagato 210 miliardi di vecchie lire. Una telenovela che è andata avanti per anni anche nei tribunali e che ha visto arrivare la Ppr di Henri-François Pinault come cavaliere bianco in soccorso del marchio della "doppia G".

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Tags Correlati: Bernard Arnault | Borsa Valori | Capitale sociale | Donna Karan | Fendi | Givenchy | Gucci | Hermès | Jean-Louis Dumas | Kenzo | Louis Vuitton | Lvmh | Marchi e brevetti | Patrizio Bertelli | Ppr

 

Certo, investire 1,45 miliardi di euro solo per stare alla finestra sembra una bizzarria che non è consona agli standard imprenditoriali di Arnault. Nella galassia dei suoi marchi – che include anche Christian Dior - il re incontrastato è Louis Vuitton, che con 4,3 miliardi di euro di ricavi continua a essere il driver principale della redditività dell'intero gruppo: secondo gli analisti di BernsteinResearch, LV rappresenta addirittura oltre il 100% dell'Ebit dell'intero gruppo Lvmh, a causa della contribuzione negativa di altri marchi come Céline, Kenzo, Givenchy, Donna Karan, e dell'impatto marginale sui profitti di Fendi e Marc Jacobs.

Inoltre, la divisione moda&pelletteria di Lvmh pesa per il 59% sull'Ebit del gruppo e, come tutti ben sanno, è la pelletteria il core business molto più che i vestiti. In sostanza, Hermès è un diretto competitor di Vuitton, anche se l'entry price delle borse LV è decisamente inferiore rispetto a quello del concorrente: basti pensare che il bauletto Speedy 30, uno dei top seller di Vuitton, costa in Francia 450 euro.

In ogni caso, pur in attesa di eventuali M&A – sono tanti i dossier di marchi grandi e piccoli potenzialmente in vendita - il mercato non si attendeva una simile notizia. Semmai, sempre BernsteinResearch aveva ipotizzato come logica una fusione tra Lvmh e Richemont, il conglomerato che controlla anche Cartier: "Avrebbe tre forti pilastri nel lusso con mega-brand nella moda&pelletteria, nella gioielleria-orologeria-strumenti di scrittura e nei vini e liquori superpremium: i due gruppi sono altamente complementari nel posizionamento prezzi, Richemont è ben esposta nell'alta gamma, con la gran parte dei marchi di orologi nel segmento più alto del mercato, mentre Lvmh è più rivolta al lusso aspirazionale e di massa, appunto con i marchi Vuitton, gli Champagne, i profumi e i cosmetici, oltre al campione della distribuzione selettiva Sephora".

Ma, invece, dal cilindro è uscito il coniglio-Hermès. La "diga" della famiglia sta forse iniziando a mostrare le prime crepe. E non è detto che molto presto altri parenti possano essere invogliati a cedere al re del lusso mondiale.

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