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Tremonti: Italia pilastro dell'Fmi sui cambi fatti un passo avanti

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2010 alle ore 14:54.

GYEONGJU - La posizione dell'Italia nel Fondo monetario internazionale, anche dopo la riforma dell'organismo decisa ieri dal G-20 «non è in discussione:l'Italia era e resta la settima economia del mondo e lo sarà per molto tempo ancora, nonostante tutte le letture decliniste». Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, risponde così a chi chiede se l'Italia potrebbe fare eventualmente le spese di quella decisione, presa ieri, dagli europei di cedere due dei propri 8 seggi in seno al board dell'organismo di Washington a favore dei paesi emergenti più dinamici.

Tremonti ha ricordato la propria posizione europeista, in base alla quale «l'ideale sarà un mondo futuro nel quale ci sarà un unico seggio europeo». Per questo, il solo scambio che potremmo fare con il seggio italiano nel consiglio «è nel caso in cui verrà creato il seggio unico europeo». È evidente, ha poi spiegato il ministro che attualmente è in atto un assestamento che percorre il ciclo della storia: «È finita l'età coloniale e i cambiamenti della governance nel Fondo riflettono un mondo diverso. Quello definito oggi non è il primo adattamento, ma è quello che viene considerato più significativo. Si tratta di un adattamento, di una richiesta che i paesi nuovi fanno ai vecchi, non di una concessione dei vecchi ai nuovi». Ma le modifiche apportate non comportano alcun cambiamento per il nostro Paese, in termini di peso economico: l'Italia rimane «la settima potenza economica con meno di 60 milioni di persone», che è cosa ben diversa, ha rimarcato, dall'essere la settima potenza economica avendo un miliardo e mezzo di persone. Segno, quindi, che «la posizione dei nostri lavoratori, dei nostri imprenditori e del nostro sistema economico tiene bene».

«L'accordo siglato oggi – ha poi spiegato il ministro – prevede che gli europei in casa loro definiscono i due paesi che dovranno cedere i seggi. La dialettica non sarà così semplice: ci vorrà del tempo» anche perchè non tutti i seggi attribuiti all'Europa fanno capo a paesi della Ue (il riferimento, in questo caso, è alla Svizzera, ndr) e non tutti i paesi della vecchia Europa fanno parte del G-20 (ad esempio, non ne fa parte l'Olanda, mentre la Spagna attualmente è invitato permanente). Una possibilità alla quale il ministro ha alluso ieri è quella di proporre quindi, a questi paesi, in cambio di un'eventuale rinuncia al seggio Fmi, un ingresso in seno al G-20. «Vi rendete in ogni caso conto da soli che non si sta parlando dell'Italia». Il ministro ha poi definito «un passettino in avanti, un primo passo» le conclusioni del G-20 finanziario di Gyeongju. Ma subito si è corretto: «Non un passetto, ma un cambiamento del mondo l'ha fatto il mondo stesso, perché forse non si è capito, anche se la gente l'ha capito benissimo, che il mondo è totalmente cambiato in questi ultimi 20 anni. Ancora due o tre anni fa il mondo occidentale controllava e dominava il mondo, adesso non è più così, è il mondo che ci chiede di cambiare, Questo può essere positivo o negativo, quello che dobbiamo fare è cambiare in positivo».

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Tags Correlati: Asia | Fmi | Giulio Tremonti | Italia | Ministeri | Ocse | Stati Uniti d'America

 

Anche il dibattito valutario va interpretato diversamente dal passato: «Il mondo non è più come una volta, con 2-3 signori che decidevano i cambi nella finanza. Adesso a decidere su queste cose sono grandi blocchi continentali. C'è l'arcipelago dell'Europa, c'è l'America e c'è l'Asia. Non decidono più quattro gnomi di Zurigo, ma entra in scena il confronto tra masse enormi di lavoro, di storia, di popoli». In tema di regole, Tremonti ha riferito del notevole interesse manifestato dalla Cina per l'iniziativa dell'Ocse sugli standard internazionali di trasparenza e correttezza messi e ha affermato che le regole per la finanza sono «solo un pezzo di un più grande insieme di regole, di cui il mondo capitalistico ha bisogno» dopo la crisi.

Naturalmente le regole finanziarie vanno bene, ha detto il ministro, che ha tuttavia citato i dati della Bri per sottolineare come tra finanza bancaria e finanza-ombra si sia stabilito un rapporto di uno a uno (30mila miliardi di dollari sono le interrelazioni cross border globali del sistema bancario e 25mila miliardi dollari sono quelle della shadow finance). E ha concluso che «se si regola solo il sistema bancario e non quello "ombra", si rischia una migrazione» dei fondi verso quest'ultimo. Per questo motivo è necessario un «global legal standard». (R. Boc.)

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