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Il terremoto in Unicredit e la faglia nella galassia

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 08:15.

Nell'era post Cuccia-Maranghi, è stata la prima assemblea di Mediobanca presieduta da Renato Pagliaro. Ma anche la prima con due grandi assenti: Cesare Geronzi e Alessandro Profumo. Dallo scorso aprile Geronzi ha lasciato la presidenza di Mediobanca per andare a Trieste, alla guida delle Generali. Nell'ambito di un accordo di «sistema», concordato tra manager e grandi azionisti, ma anche attentamente monitorato dal Governo. Tanto che l'incontro decisivo tra Geronzi e l'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel avvenne alla presenza del finanziere Tarak Ben Ammar, vicino al presidente del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e rappresentante della cordata francese dei soci di Mediobanca guidata da Vincent Bollorè. E forse non fu solo per motivi di riservatezza o per la necessità di un campo «neutro» che l'incontro, stando alle indiscrezioni, sia avvenuto nella sede della Popolare di Milano, ospiti di Massimo Ponzellini (banchiere vicino al ministro dell'Economia Giulio Tremonti).

Quell'accordo fu condiviso anche dall'UniCredit di Profumo, in Mediobanca azionista decisivo con l'8,6% sindacato, che con Geronzi ha sempre avuto un rapporto dialettico anche se, alla fine, tra i due sono state più le occasioni di collaborazione (dalla defenestrazione di Maranghi, alla fusione Capitalia-UniCredit) che di scontro.
Ora che l'ex banchiere di Piazza Cordusio è uscito di scena, come cambiano gli equilibri nella filiera che unisce UniCredit a Mediobanca e questa alle Generali? È presto per dire che si stiano per avviare tensioni. Ma i segnali di fibrillazione cominciano a essere evidenti. A partire dalle manovre del finanziere francese Vincent Bollorè, vicino a Geronzi, a sostegno della Premafin-FonSai di Salvatore Ligresti, anch'egli sostenuto dal presidente delle Generali. Quel Ligresti che nel board di UniCredit è stato l'unico azionista, insieme ai libici, a opporsi fino all'ultimo all'uscita di Profumo. Il sostegno di Bollorè è arrivato nella fase critica dei rapporti tra Mediobanca e il gruppo Premafin. E segna un primo segnale di focolaio. Come evolverà? Come verrà preso a Piazzetta Cuccia e alle Gernerali l'ingresso dei francesi di Groupama in Fondiaria-Sai. Il gruppo guidato da Jean Azéma rappresenta forse una soluzione condivisa? Si vedrà.

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Tags Correlati: Carimonte | Cassamarca | Cesare Geronzi | Fondazione Cariplo | Fondazione Carisbo | Fondazione Crt | Fondazione Mps | Fusioni e Acquisizioni | Giulio Tremonti | Jean Azéma | Massimo Ponzellini | Mediobanca | Renato Pagliaro | Salvatore Ligresti | Silvio Berlusconi | Trieste

 

La vecchia galassia del Nord è in movimento e continua ad aleggiare il proposito di Geronzi di "sganciare" le Generali dalla presa di Mediobanca (che ha circa il 14%). Smentito dal banchiere romano ogni progetto di fusione tra Generali e Mediobanca, ieri Nagel ha anche negato l'ipotesi di un eventuale merger tra UniCredit e Mediobanca (assai sgradito a Geronzi). Le possibili varianti non mancano. A partire dalla possibile separazione, più volte circolata sul mercato, delle attività bancarie di Mediobanca da quelle di holding di partecipazioni. Qualunque ipotesi che coinvolga Piazzetta Cuccia, inevitabile luogo di confronto delle prossime mosse di sistema, dovrà però avere il benestare di UniCredit. Che sulle partite strategiche coincide sempre più, dopo l'uscita di Profumo, con il benestare delle sue Fondazioni azioniste. Forse non è un caso che, dopo il recente cambio al vertice di UniCredit, il presidente delle Generali – insolitamente, con ripetuti interventi pubblici – abbia lanciato l'allarme sul ruolo delle Fondazioni. Invocando una riforma che limiti l'influenza degli enti nelle banche.

Se dunque è probabile che l'epicentro dei prossimi sussulti della Galassia finanziaria sarà Mediobanca, è evidente che il confronto sarà soprattutto tra il fronte di Geronzi e le Fondazioni. Che, non va dimenticato, negli ultimi anni hanno accentuato la loro presenza in Mediobanca e Generali. In UniCredit, il blocco storico delle Fondazioni pesa per il 12%: CariVerona (4,6%), Crt (3,3%), Carimonte (3,04%), Cassamarca (1%). Ma anche in Mediobanca, pur restando fuori dal sindacato, le quote delle Fondazioni (oltre al pacchetto dell'8,6% in mano a UniCredit) sfiorano l'8%: Fondazione CariVerona (3,13%), Fondazione Carisbo (2,47%), Fondazione Mps (1,93%). Situazione analoga anche a Trieste, dove il peso degli enti è aumentato dopo il recente ingresso della Fondazione Crt che, insieme a Ferak, ha il 2,26%. Quota che va ad aggiungersi a quella di Fondazione Cariplo (1,5%), Compagnia San Paolo (0,41%). Partecipazioni non sommabili aritmeticamente, poichè appartenenti a Fondazioni diverse. Che tuttavia, spesso, hanno dimostrato di muoversi d'intesa. Chiusa la vicenda UniCredit, e in attesa di capire l'evoluzione del quadro politico, il sistema della grande finanza è alla ricerca di nuovi equilibri.

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