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Finanza e Mercati In primo piano

Cabala, politica, bond al palo. Ecco perché le Borse potrebbero guadagnare anche il 10% a fine anno

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2010 alle ore 16:22.

A fine anno le Borse hanno una marcia in più. Negli ultimi 10 anni a novembre e dicembre i titoli a Wall Street si sono rivalutati sei volte su dieci. Meglio ancora in Europa dove nel 70% dei casi le azioni hanno accelerato. Il dato tiene conto anche del disastroso 2008 quando, a seguito del clamoroso fallimento di Lehman Brothers, i listini mondiali hanno chiuso depressi con perdite comprese, nel bimestre finale, tra il 5% del Vecchio Continente e il 6% di Wall Street.

Viene, a questo punto, spontaneo chiedersi se la cabala borsistica assisterà gli investitori anche in questo schizofrenico 2010, caratterizzato da ampi piani di austerity dei governi europei, dalla guerra della valute e da una persistente debolezza economica dell'economia occidentale e giapponese. Solo per citare alcuni macrofenomeni che hanno condizionato l'andamento dell'equity da gennaio.

Secondo i gestori, cabala a parte, ci sono varie motivazioni per credere che nei listini del Vecchio Continente, così come a Wall Street e in particolare nei paesi emergenti, il finale di stagione possa risultare positivo. I mercati potrebbero guadagnare qualche punto percentuale da aggiungere al +6,5% messo a segno dall'indice americano Sp&500. Mentre l'Europa, finora negatativa (il Dj Euro Stoxx 50 ha ceduto nei primi 10 mesi il 4%) potrebbe chiudere l'anno in nero.

«Quest'anno l'andamento delle Borse negli ultimi due mesi potrebbe essere positivo - spiega Laura Tardino, strategist di Bnp Paribas investment partners -. Strategicamente lo scenario macro non è quello migliore per puntare nel medio-lungo periodo nell'equity. Ma tatticamente, nel breve, è un momento favorevole. Per almeno tre ragioni». Quali? «Un elemento chiave potrebbe essere il fattore politico. Mercoledì inizia la campagna elettorale per le elezioni statunitensi nel 2012. Il tallone d'Achille dell'amministrazione di Barack Obama è la disoccupazione, cresciuta al 9,7% rispetto al livello del 7,5% di inzio mandato del presidente degli Stati Uniti. Per favorire l'occupazione è probabile cheObama spinga per una serie di manovre di allentamento monetario che porteranno nuova liquidità sui mercati».

E per quale motivo questa iniezione andrà sui mercati azionari piuttosto che su altre asset class finanziarie? «Siamo positivi sull'equity perché in questo momento è l'asset class migliore - continua Tardino -. Anche per assenza di alternative. In questo momento le obbligazioni sono molto care, è difficile trovare bond che quotino al di sotto o sulla parità. Inoltre le attese manovre espansive faranno crescere le aspettative di inflazione e di rialzo dei tassi. Uno scenario questo che non va certo appannaggio delle obbligazioni. Le azioni vincono la sfida con le obbligazioni, ma anche con la liquidità investita in conti di deposito e altri strumenti di gestione della liquidità perché questi, a fronte dei tassi ai minimi storici, non possono offrire rendimenti esaltanti».

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Quale è il terzo fattore che potrebbe giovare alle Borse? «Gli utili - spiega Tardino -. In questa stagione di trimestrali stiamo registrando dati incoraggianti. Il 78% delle società dell'Sp&500 che al momento ha riportato i conti del terzo trimestre ha battuto le stime degli analisti sul fronte dei profitti e il 63% sul fronte del fatturato, che in queste fasi è un parametro molto importante perché indicativo anche della dinamica della ripresa dei consumi, la prima molla per ipotizzare un rilancio dell'economia. Allo stesso tempo dalle prime stime gli utili nel 2011 dovrebbero tenere».

Quali sono le Borse che potrebbero correre di più? «Siamo positivi in particolare sulle Borse europee, Wall Street e Regno Unito. Siamo negativi invece su Australia, perché ha già avviato la fase di stretta monetaria, e Giappone dato che l'economia nipponica non convince molto dal punto di vista dei fondamentali. Ma soprattutto siamo positivi sui Paesi emergenti, in particolare sui Bric (Brasile, Russia, India e Cina, ndr). Queste Borse - aggiungeTardino - rappresentano circa il 10% della capitalizzazione mondiale di Borsa. Una quota che è destinata ad aumentare dato che stiamo parlando di paesi che godono di ottimi tassi di crescita macroeconomica, un livello di indebitamento nettamente inferiore rispetto ai paesi occidentali e detengono circa la metà delle materie prime mondiali».

Di quanto potrebbero apprezzarsi i mercati in questi ultimi due mesi dell'anno? «Stimiamo intorno al 5% ma in alcuni casi si potrebbe arrivare anche a una rivalutazione del 10%. Questo anche perché a fine anno c'è un pizzico di finanza comportamentale che spinge l'equity. Molto fondi istituzionali chiudono le commesse e congelano le posizioni se positive».

Positiva la visione anche di Alessandro Guaschetti, responsabile intermediazione
area finanza du Banca Profilo: «Il mercato potrebbe migliorare di un altro 2-3 % dai prezzi attuali. Segnali che vengono anche dalla volatilità che è molto diminuita in questi ultimi giorni».

Secondo Andrea Carli, le Borse, in particolare Wall Street, hanno margini per crescere almeno per altri sei mesi. «La statistica depone a favore di un fine anno positivo, anzi va aggiunto che mediamente la Borsa americana, dopo le elezioni di medio termine (in programma il 2 novembre, ndr), registra una performance positiva per i sei mesi successivi. Inoltre - continua - poiché anche la stagione delle trimestrali usa sta procedendo piuttosto bene (circa l'80% delle societa' ha battuto le stime), tutto sembrerebbe deporre a favore di un trend positivo senza intoppi». Ma nel breve periodo, però, ci potrebbe essere qualche temporale. «Tra gli incidenti di percorso che potrebbero condizionare i mercati - conclude Carli - l'incertezza legata alle politiche espansive della Federal reserve (in che misura continueranno la politica monetaria espansiva?), la svalutazione competitiva da parte dei vari Paesi (la turbolenza valutaria solitamente non è positiva)e i problemi non risolti dal lato contenimento deficit sovrani dell'Unione europea».

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