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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2010 alle ore 06:41.
MILANO - Tra le Fondazioni e il presidente di UniCredit Dieter Rampl è tregua. L'atteso confronto sulle strategie future della banca, stando alle indiscrezioni al termine di oltre sei ore di riunioni dei comitati interni, è stato rinviato a fine anno quando sarà messo a punto il nuovo piano industriale triennale di UniCredit. Piano in cui, su proposta del nuovo chief executive officer Federico Ghizzoni, saranno codificati i progetti di sviluppo all'estero e nel corporate e investment banking. Dettagliando anche l'allocazione del capitale nei vari settori, da cui dipenderà la redditività futura del gruppo. E da cui, più in generale, si capirà se la nuova mission sarà davvero quello di grande banca paneuropea o se invece si deciderà di focalizzare di più UniCredit sulla banca commerciale e su un perimetro geografico più limitato all'Italia e ad alcuni Paesi europei.
È su questo dilemma che il presidente Dieter Rampl, decisivo nel sostenere le Fondazioni per allontanare l'ex ceo Alessandro Profumo, sta ragionando. «Sono pronto a combattere per mantenere l'autonomia e l'indipendenza della banca», aveva detto a caldo Rampl subito dopo l'uscita di Profumo. E nei giorni scorsi il presidente ha lasciato intravedere, soprattutto attraverso una fitta serie di indiscrezioni fatte filtrare sulla stampa estera, l'intenzione di essere pronto a dare battaglia sulla strategia. Contando, forse, sulla condivisione strategica dei soci esteri presenti nel board di UniCredit (compresi i libici). E arrivando al punto di minacciare le dimissioni immediate, se non vi fossero garanzie sul mantenimento del profilo da "grande banca" (e non solo da banca grande) di UniCredit.
Una tensione che avrebbe potuto sfociare in un nuovo trauma per UniCredit, dopo la crisi "al buio" aperta con l'uscita di Profumo senza che vi fosse pronta una immediata alternativa. Ecco perchè nelle ultime 48 ore nel mondo delle Fondazioni è scattato l'allarme. E si sono attivate tutte le diplomazie, per evitare che il confronto con Rampl arrivasse subito a un nuovo show-down.
Il clima resta teso ma ora, paradossalmente, sono proprio le Fondazioni a chiedere a Rampl di rimanere almeno fino all'assemblea di approvazione del bilancio di aprile 2011 (anche se il suo mandato, formalmente, scade un anno dopo). E così si spiega il coro di ieri sera quando – al termine dei comitati strategico, governance e remunerazioni – i consiglieri hanno lasciato la sede di Piazza Cordusio.