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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2010 alle ore 14:26.
«Negli Stati Uniti esistono vari listini con un milione di opzioni azionarie quotate, ognuna delle quali produce 5 prezzi al secondo. Come può l'occhio umano seguire un mercato così? Si tratta di 5 milioni di prezzi diversi ogni secondo. Ovvio: servono i computer». Benvenuti nel mondo dove la realtà supera la fantascienza: quello dei mercati azionari. Philippe Buhannic, amministratore delegato di TradingScreen, nella fantascienza ci vive da sempre: è lui ad avere portato, negli anni '90 quando lavorava al Credit Suisse, il trading elettronico sul mercato azionario.
Ma neanche lui, il padre del computer in borsa, avrebbe mai immaginato che in circa 20 anni a Wall Street sarebbe praticamente scomparso il genere umano: calcola Tower Group che oggi l'uomo da solo, con il metodo tradizionale del telefono, produce appena il 24% degli scambi azionari. Per tutto il resto serve il computer.
Anzi: il 53% dei volumi di borsa – stima Aite Group – sono realizzati autonomamente dalle macchine e dai loro sofisticati algoritmi. E questo, sostiene Buhannic, da un lato è un bene: «Il mercato è ora molto più efficiente di un tempo». Ma, potenzialmente, è anche un pericolo: «Le autorità devono regolamentare il trading elettronico e algoritmico, altrimenti il rischio è che le macchine causino effetti domino sui mercati». Intanto lui guarda avanti: «Ora il trading elettronico deve andare nel mondo obbligazionario».
Il flash crash.Un assaggio del possibile effetto domino è arrivato lo scorso 6 maggio, quando – per colpa dei trading algoritmici, di quelli high frequency e della framentazione dei mercati – Wall Street crollò di 600 punti in pochi minuti, trascinando con sé incredule tutte le borse mondiali. Non era accaduto niente nel mondo reale per giustificare quel crollo improvviso: semplicemente si erano succeduti e incastrati ordini di vendita a valanga da parte dei computer. A catena i vari algoritmi facevano partire le vendite, fino a far crollare alcuni titoli del 100% in pochi minuti.
Le Autorità di vigilanza Usa hanno ricostruito per filo e per segno cosa è successo quel giorno, ma la scintilla di quello che gli americani hanno ribattezzato «flash crash» non è stata ancora realmente individuata. Dunque qualcosa di altrettanto devastante può accadere ancora. «Per questo – spiega Buhannic – servono nuove regole. Non ingombranti, perché non si deve fermare il progresso. Ma qualcosa bisogna fare. Il problema è che qualcuno gioca troppo duro con i trading elettronici. E non è giusto che chi ha i mezzi economici per avere le macchine più sofisticate possa trarre eccessivi vantaggi a scapito degli altri».