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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2010 alle ore 16:38.
Ritorno all'oro: il presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick propone alle principali economie del pianeta di prendere in considerazione l'adozione di un nuovo standard globale legato all'oro per guidare i movimenti valutari. In un articolo sul Financial Times, intitolato "Il G20 deve guardare oltre Bretton Woods", Zoellick sostiene che è necessario trovare un successore a quello che lui chiama "Bretton Woods II", il sistema di fluttuazione dei cambi in atto da quando, nel 1971, collassò il regime dei cambi fissi.
Zoellick auspica un sistema che "probabilmente dovrà coinvolgere il dollaro, l'euro, lo yen, la sterlina e un renminbi che si muova verso l'internazionalizzazione e poi una bilancia dei movimenti dei capitali aperta". Il presidente della Banca Mondiale aggiunge: "Il sistema dovrebbe anche prendere in considerazione di impiegare l'oro come punto di riferimento internazionale su inflazione, deflazione e futuri valori monetari".
Le idee di Zoellick, spiega sul Ft Alan Beattie, riflettono "inquietudine" per l'attuale sistema internazionale, nel quale il "persistente" intervento cinesi per tenere basso il renminbi viene accusato dagli Usa e da altri di contribuire agli squilibri globali delle partite correnti e di creare distorsioni sui mercati dei capitali.
Il conflitto sui cambi con ogni probabilità sarà di nuovo alla ribalta al vertice dei capi di governo del G20 che si terrà l'11 e 12 novembre a Seul, in Corea del Sud. La proposta Usa di fissare obiettivi numerici sui saldi delle partite correnti "ha incontrato ampia opposizione", scrive Beattie. Il dibattito si annuncia caldo, soprattutto dopo la decisione della Federal Reserve di iniettare nei mercati finanziari altri 600 miliardi di dollari, mossa criticata in particolare dalla Germania e dalla Cina perché porterebbe a indebolire artificialmente il dollaro.
Anche se di tanto in tanto c'è chi propone di tornare a usare l'oro come áncora per i valori monetari, osserva il Ft, "la maggior parte dei policy maker e degli economisti considerano l'idea suscettibile di portare a una politica monetaria eccessivamente rigida, che lascerebbe la crescita e la disoccupazione a subire l'urto degli shock monetari".