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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 06:42.
LONDRA. Dal nostro corrispondente
La colpa, questa volta, è di BarCap. L'investment banking del gruppo Barclays cessa per un trimestre almeno d'essere la grande fabbrica di soldi dell'ultima grande banca privata britannica, se tale non si vuol considerare la "cinese" Hsbc. È questo il dato più evidente uscito dalla trimestrale dell'istituto di credito che ieri ha annunciato una frenata del 14% nei ricavi di BarCap negli ultimi tre mesi rispetto al trimestre precedente e del 24% se calcolata nei confronti dello stesso periodo dell'anno scorso.
I numeri diffusi, in realtà, appaiono più severi. Il periodo luglio-settembre si è chiuso con utili per 327 milioni di sterline, una caduta del 76% rispetto allo stesso periodo del 2009 quando i profitti erano stati di 1,36 miliardi di sterline. La ragione è in larga parte determinata dall'effetto contabile creato dall'andamento del debito emesso dalla stessa Barclays. Distorsione che aveva piegato anche i conti di Royal Bank of Scotland nei giorni scorsi e che non ha distratto i mercati borsistici pronti a premiare con un deciso +7% il titolo Barclays per numeri che evidentemente sono considerati buoni.
Al netto del calcolo del debito, infatti, l'utile trimestrale sarebbe stato di 1,27 miliardi. Non troppo robusto, però, proprio per l'incerta performance di BarCap che – come del resto tutto l'investment banking – ha rallentato nei mesi scorsi. Ottobre sembra aver seguito l'andamento del trimestre precedente, mentre i primi giorni di novembre farebbero segnare un ritorno di attività per la divisione guidata da Bob Diamond già nominato Ceo dell'intero gruppo, incarico che assumerà, sostituendo John Varley, nella prossima primavera. Nei primi sei mesi dell'anno in corso l'86% dell'utile pre-tasse di Barclays era stato generato da BarCap, quest'ultimo trimestre ha abbassato il contributo dell'investment banking al 60 per cento.
A convincere i mercati della solidità di Barclays sono serviti soprattutto i numeri relativi alle sofferenze prodotte dal credit crunch. All'inizio dell'anno la banca contava di abbattere il peso dei "bad loans" del 15-20% nel corso del 2010, ieri ha fatto sapere di poter arrivare al 30% grazie al buon andamento del trimestre appena concluso. A dare altro fuoco al mercato ci si è messo anche il responsabile finanziario, Chris Lucas, che ha ribadito la robustezza del gruppo anche alla luce di Basilea 3. Non ci sarà ricorso al mercato per consolidare il capitale di una banca che in giugno aveva un core tier one ratio al 10% e che lo stesso continuava ad avere in settembre. Le nuove regole lo colpiranno di almeno 2,2 punti in percentuale, ma nonostante questo la banca è convinta di potercela fare da sola.