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Finanza e Mercati In primo piano

Trichet insiste: il superdollaro è interesse di tutti

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2010 alle ore 07:49.

PARIGI - Avrebbe preferito rimanere rigorosamente fedele al tema della tavola rotonda alla quale ha partecipato ieri sera a Lione nell'ambito delle Giornate dell'economia, la governance europea, ma alla vigilia del G20 di Seul il presidente della Bce Jean-Claude Trichet non ha potuto evitare un commento sui 600 miliardi di dollari che la Fed ha messo sul tavolo la scorsa settimana. Con le critiche anche pesanti a una decisione che indebolisce il dollaro e alimenta le tensioni monetarie.


«Sono convinto – ha detto Trichet nella città in cui è nato 68 anni fa – che è nell'interesse degli Stati Uniti, dell'Europa e dell'intera comunità internazionale avere un dollaro forte in rapporto alle altre grandi valute. È d'altronde quello che ci hanno detto il segretario americano al Tesoro Timothy Geithner e Ben Bernanke».

Si tratta dell'ennesimo segnale inviato a Washington. E nella sua ripetitività anche dell'accettazione di una realtà. Se pure i fatti sembrano andare in un'altra direzione, prendiamo insomma per buone le parole dei dirigenti americani, i quali continuano a ripetere di essere favorevoli a un dollaro forte. E che non c'è una strategia finalizzata a svalutarlo, come invece pensano, e dicono, leader come la Merkel e i dirigenti cinesi, a loro volta accusati di tenere artificiosamente basso il cambio dello yuan. Anche i francesi hanno la stessa idea, ma evitano di gridarlo ai quattro venti proprio quando stanno per assumere la presidenza del G20 e avranno bisogno di molto consenso e di poche tensioni per cercare di far avanzare gli ambiziosi cantieri annunciati da Nicolas Sarkozy.

La linea ufficiale è quella ribadita ieri dal governatore Christian Noyer in un'intervista al Figaro online: «La Fed, ne abbiamo discusso ancora nei giorni scorsi a Basilea, ci assicura che non esiste una deliberata intenzione di indebolire il dollaro. E credo che non ci siano ragioni per non crederle. Va anche detto che oggettivamente gli Stati Uniti sono lontani dal loro potenziale storico di crescita. Mentre noi, in Europa, siamo più vicini al nostro. È quindi ovvio che ci siano politiche monetarie diverse. E che ogni paese, ogni area economica faccia quello che è più utile fare. Chiaramente senza manipolare la moneta. E comunque quello dei forti squilibri che stiamo osservando non è solo un problema di politica monetaria».

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Tags Correlati: Bce | Ben Bernanke | Christian Noyer | Europa | Fed | Istituzioni dell'Unione Europea | Jean-Claude Trichet | M. Mou | Ministero del Tesoro | Nicolas Sarkozy | Stati Uniti d'America | Timothy Geithner

 

Infatti Trichet ha ancora una volta richiamato i paesi della zona euro allo scrupoloso rispetto dei vincoli del patto di stabilità e nel contempo a varare riforme strutturali le più ambiziose possibili. «È una questione di fiducia dei mercati nei confronti dell'Europa, fondamentale per il consolidamento della ripresa – ha detto il presidente della Bce– e i governi devono mostrare una grande saggezza sul fronte fiscale. Un'unione monetaria richiede una quasi-unione sul terreno delle politiche di bilancio».

Trichet ha infine sottolineato come la Banca centrale europea abbia efficacemente esercitato il proprio mandato, mantenendo il tasso d'inflazione «appena sotto il 2 per cento».
M. Mou.

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