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Hermès prepara le munizioni contro la scalata di Lvmh

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2010 alle ore 11:29.
L'ultima modifica è del 20 novembre 2010 alle ore 11:45.

PARIGI. Patrick Thomas, 63 anni, da quattro amministratore di Hermès, il primo non appartenente alla famiglia, non vorrebbe parlare d'altro che dell'ultima creatura della maison: il nuovo negozio al 17 di rue de Sèvres, il 313° nel mondo, il terzo di Parigi, il primo sulla Rive Gauche. L'arredo è discutibile, ma la location è senz'altro eccezionale. Dell'ex piscina Lutetia, costruita nel 1935, chiusa nel 1970, monumento nazionale dal 2005, c'è ancora tutto. Certo sono scomparse le cento cabine, il trampolino e gli hammam. Ma ci sono le gallerie, gli stucchi e la vasca, con il suo pavimento di mosaico.

Thomas, il "capo" della famiglia (una cinquantina di eredi della quinta e sesta generazione) Bertrand Puech, il direttore artistico e pronipote del fondatore Pierre-Alexis Dumas, non lo dicono ma glielo si legge negli occhi. Non poteva esserci risposta sul campo migliore di questa all'attacco di Bernard Arnault, inatteso e sgradito ospite nel capitale di Hermès.

Thomas non vorrebbe parlarne. Preferirebbe soffermarsi sui mobili disegnati da Jean-Michel Frank negli anni venti e trenta e ora rimessi in produzione e affidati agli inarrivabili artigiani italiani. Sul fiorista Baptiste, i tappeti e i carré. Ma l'argomento è di quelli che non si possono evitare. Per l'occasione ci sono i giornalisti di mezzo mondo, in questi 1.470 metri quadrati a un passo da Saint-Germain-des-Prés. Che vogliono sapere. E adesso cosa succede?

«Qualcuno sostiene che poesia e finanza - dice Thomas - non possono andare d'accordo. Non è vero e noi ne siamo la dimostrazione. Non ho nulla contro gli azionisti di minoranza, ci mancherebbe altro. Tutti sono liberi di andare sul mercato e comprarsi dei titoli Hermès. Purché non abbiamo la pretesa di spiegarci come fare il nostro lavoro». Vetriolo puro. Come ormai quasi ogni giorno da quel sabato 23 ottobre in cui Lvmh ha annunciato di possedere il 17,1% della maison, cioè oltre la metà del flottante.

«Siamo inattaccabili», recita Thomas come un mantra. Ricordando per l'ennesima volta le caratteristiche della società in accomandita per azioni (formula societaria abbastanza rara ma scelta anche da gruppi come Lagardère e Michelin) e l'unità della famiglia, che detiene il 73,4% del capitale (la quota era appena più alta, l'81,4%, al momento dell'ingresso in borsa, nel 1993).

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Tags Correlati: Bernard Arnault | Bertrand Puech | Borsa Valori | Dumas Pierre-Alexis | Frank Jean-Michel | Hermès | Hermès.Thomas | Lvmh | Mercato azionario | Michelin | Patrick Thomas | Poison | Società in accomandita per azioni

 

«Hermès è un fortino inespugnabile», dice l'amministratore. E questo dicono, ufficialmente, anche gli uomini di Lvmh, nel ribadire il carattere amichevole dell'operazione.
In realtà i dirigenti di Hermès e i loro superconsulenti stanno studiando nuove architetture finanziarie per difendersi da Arnault. Perché nessun fortino è mai davvero inespugnabile. Non per sempre, almeno.

Lo ammette anche Thomas quando dice che «è normale, in una simile situazione, farsi delle domande», ipotizzare degli scenari. Ecco allora spuntare l'ipotesi di una holding non quotata per il capitale in mano alla famiglia, ma il rischio è che nel passaggio non tutti gli eredi aderiscano e che qualche pezzo si perda per strada. Dove Lvmh è pronto a raccoglierlo, probabilmente a qualunque prezzo. Ecco l'idea di un aumento di capitale riservato agli ottomila dipendenti, in modo da diluire la quota di Arnault.

Ipotesi, idee. Per ora l'unica cosa certa è che verrà aumentato il dividendo, visto l'eccellente andamento dei conti e il balzo del titolo in borsa. Gli azionisti della famiglia se lo aspettano. Perché la poesia va bene, ma…

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