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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 06:42.
Nel giro di ventiquattr'ore l'umore si è completamente ribaltato sui mercati petroliferi, rilanciando le quotazioni del Wti di oltre il 3% a 86,75 dollari al barile nonostante un inatteso accumulo di scorte negli Stati Uniti, con una volatilità che suscita qualche imbarazzo anche tra gli analisti e che – nonostante le folte schiere di rialzisti – riflette le profonde incertezze sull'evoluzione dei consumi e dell'offerta, quanto meno nel breve periodo.
«Dalla disperazione più profonda, che martedì aveva dato il via alle vendite, siamo passati a una valanga di dati economici positivi», prova a spiegare Phil Flynn, analista di PfgBest Research. Segnali incoraggianti sono in effetti arrivati da più direzioni. In Cina l'indice dei direttori acquisti è salito ai massimi da sette mesi in novembre. Negli Usa il settore manifatturiero si sta sviluppando ormai da sedici mesi consecutivi e l'occupazione nel settore privato è cresciuta col ritmo più forte degli ultimi tre anni.
Per qualche ora i mercati si sono anche entusiasmati per l'indiscrezione – poi smentita – di un possibile maggiore contributo degli Usa, via Fondo monetario internazionale, al fondo per il salvataggio predisposto dalla Commissione europea per contrastare la crisi dei paesi periferici.
Di fronte a un quadro così, gli investitori hanno preferito ignorare il balzo a sorpresa delle scorte di greggio, salite la settimana scorsa di 1,1 milioni di barili a seguito di un altrettanto imprevisto rallentamento delle raffinerie, che hanno ridotto l'utilizzo della capacità all'82,6% (-2,9%). Nonostante questo – e dispetto della stagione rigida – gli stock di distillati sono calati molto poco (-0,194 mb) e quelli di benzine sono addirittura aumentati di 561mila barili, in reazione a una domanda ancora stagnante.
Sembrerebbero tuttavia essere state proprio le benzine l'unico fattore "fondamentale" a sostegno del mercato. Al Nymex le quotazioni sono salite di quasi il 5%, apparentemente per via della ineguale distribuzione delle scorte commerciali: se a livello nazionale c'è stato un accumulo, sulla costa atlantica si è invece registrato un crollo di 937mila barili, che le ha ridotte ai minimi da novembre 2008. La tentazione di esportare è probabilmente molto forte: in Europa i carichi di benzina per consegna immediata ad Amsterdam-Rotterdam-Anversa hanno si vendono a prezzi che non raggiungevano dalla fine di aprile (tra 784 e 808 dollari per tonnellata). Fenomeno temporaneo, avverte tuttavia Société Générale, poiché nel Vecchio continente c'è un significativo eccesso di capacità di raffinazione per questo prodotto.