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Finanza e Mercati Materie Prime

Opec verso il niente di fatto

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2010 alle ore 08:13.


L'Opec non si muoverà per attenuare le tensioni che nei giorni scorsi, per la prima volta in oltre due anni, hanno riportato il petrolio sopra 90 dollari al barile. Il segretario generale dell'Organizzazione degli esportatori di greggio, Abdallah el Badri, ha detto chiaramente che, trattandosi di un rally speculativo, non ci sarebbe motivo di alzare la produzione nemmeno se si oltrepassasse la soglia dei 100 dollari. E dai ministri del Cartello, che oggi si riuniranno a Quito, in Ecuador, non è arrivata nessuna dichiarazione che lasci presagire sorprese sull'esito di un vertice che probabilmente molti tra loro non avrebbero neppure organizzato. Lo scorso ottobre a Vienna, alla vigilia dell'ultimo meeting del Cartello, parecchi delegati avevano escluso la necessità di un vertice straordinario e la sensazione è che l'incontro di domani sia nato come un'operazione di marketing: una concessione al governo ecuadoriano, che aveva bisogno di ripulire l'immagine dopo il tentato golpe contro il presidente Rafaèl Correa.
Da allora qualcosa è cambiato. Rispetto a due mesi fa il greggio è oggi più caro di quasi il 10 per cento. E molti analisti, a fronte di una domanda più forte del previsto, hanno alzato le stime sui prezzi, in qualche caso fino a 100 dollari e più, come media per il 2011. Anche l'Agenzia internazionale per l'energia (Aie) è rimasta impressionata dal recente, inatteso balzo dei consumi: nel rapporto mensile, diffuso ieri, l'Agenzia Ocse parla di domanda «da capogiro» nel terzo trimestre, quando si è registrata una crescita di addirittura 3,3 milioni di barili al giorno (mbg) rispetto a un anno prima. Sulla scorta di questi dati, l'Aie ha alzato le previsioni sull'incremento della domanda nel 2010, portandola a ben 2,47 mbg, mentre per il 2011 si attende un +1,32 mbg. Il recente boom dovrebbe infatti essere un fenomeno «eccezionale», destinato a moderarsi nei prossimi mesi, forse – avverte l'Aie – anche per effetto di una frenata dell'economia cinese. Idea condivisa da molti investitori, che ieri hanno spinto in ribasso il greggio dopo che Pechino – si veda il servizio a pagina 6 – per la terza volta in un mese ha aumentato l'obbligo di riserva delle banche. Il Wti ha perso lo 0,7% a 87,79 $/bbl.

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Tags Correlati: Agenzia internazionale per l'energia | Agenzia Ocse | Aie | Associazione Internazionale degli Economisti | Fatih Birol | Ocse | Opec | Prezzi e tariffe | Quito | Rafaèl Correa | Wti

 

Fatih Birol, capo-economista dell'Aie, evoca anche lo spettro di un deragliamento della ripresa europea, cui il caro-greggio potrebbe contribuire: nel 2010 la bolletta petrolifera della Ue è salita di circa 65 miliardi, una cifra – osserva – pari ai deficit di bilancio di Grecia e Portogallo messi insieme.
L'Opec non sembra preoccuparsene. Persino le sue statistiche, del resto, sembrano dipingere un mondo differente: anche il bollettino mensile dell'Organizzazione è uscito ieri come quello dell'Aie, ma per la domanda nel 2010 indica una crescita limitata a 1,47 mbg.
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