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Bce «forte» al test dei mercati

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 14:29.

Il test vero sui mercati sarà lunedì mattina. Solo allora si capirà se, dopo le prime reazioni nervose di venerdì, le piazze finanziarie approveranno o no la doppia manovra europea: il varo del fondo permanente salvastati e l'aumento di capitale della Bce. L'andamento di euro, borse e spread sui titoli di stato dirà se il doppio intervento è considerato sufficiente per traghettare l'Europa fuori dalla crisi oppure no. Il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker ha già avvertito ieri che «a gennaio i leader europei dovranno prendere nuove decisioni» e che «occorrono soluzioni a tenuta stagna».

E da Parigi il ministro dell'Economia, Christine Lagarde, ha rincarato: «L'Unione europea deve rafforzare il processo di convergenza, la disciplina e le sanzioni» per i paesi che non riescono a migliorare i loro conti pubblici. Come dire, fatto un primo passo bisogna andare avanti.
Una cosa è certa: nei prossimi mesi il ruolo della banca centrale europea sarà decisivo. La concomitanza dei due eventi, il varo del fondo e l'aumento di capitale, può essere vista come una casualità: la Bce stessa sostiene di aver deciso l'operazione in base a considerazioni prese nel 2009. Ma i due eventi concomitanti suonano come una reciproca prova di forza: da un lato ci sono i governi, che vorrebbero adottare politiche fiscali espansive e scaricare il più possibile su Francoforte il costo dei salvataggi di stati e banche. Dall'altro lato c'è la Bce, che invece da tempo cerca di smarcarsi dall'onere dei soccorsi. E quando i primi creano un fondo permanente salva-stati, la seconda aumenta il capitale per rafforzare credibilità e indipendenza.

Bilancio appesantito
Capire le ragioni profonde per cui la Bce ha deciso di aumentare il capitale di 5 miliardi di euro, portandolo da 5,76 a 10,76 miliardi, non è certo semplice. La prima motivazione è economica: dopo tre anni di crisi economica e dopo aver dovuto aiutare le banche e gli stati, la Bce e il sistema europeo delle banche centrali hanno un bilancio notevolmente appesantito. Pieno oggi di titoli greci, portoghesi, irlandesi che minacciano potenziali perdite nei bilanci delle stesse banche centrali.

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Tags Correlati: Banca d'Italia | Bce | Bundesbank | Christine Lagarde | Dati di bilancio | Europa | Fed | Jean-Claude Juncker |

 

C'è pure chi si è spinto a paragonare le banche centrali ai famigerati hedge fund forse a sottolinearne spregiudicatezza e rischiosità. Un accostamento forse eccessivamente ardito, non fosse altro perché in caso di bisogno un istituto centrale può sempre stampare moneta e salvarsi così dal fallimento. Ma anche immeritato, se si va a guardare bene nei bilanci di Francoforte e Washington: secondo Barclays Capital, grazie alla prima tranche di aumento di capitale, la Bce potrebbe avere a fine 2010 un ammontare di capitale e riserve pari a 10,5 miliardi di euro a fronte di attività per 153,5 miliardi. Vale a dire una leva finanziaria di circa 15 volte (era 17 alla fine dello scorso anno), non proprio numeri da cicala quindi. Quando si considerano le banche dell'eurosistema nel complesso, il rapporto aumenta fino a 25 volte ed è tutto sommato vicino ai valori medi degli istituti di credito commerciali europei. E se proprio si vuol cercare un confronto si può guardare oltre l'Atlantico, dove la leva finanziaria della Fed si spinge fino a quota 42.

Braccio di ferro
Giovedì scorso la Bce ha spiegato di essere preoccupata dei pericoli che possono giungere dalla volatilità del cambio, dei tassi di interesse, dei prezzi dell'oro e dal rischio di credito. Ma le ragioni vere dell'operazione sono probabilmente più profonde. Per una banca centrale l'aumento di capitale serve principalmente a rafforzarne la credibilità. E questo significa indipendenza dal potere politico. Non a caso, da tempo molti governatori (il tedesco Axel Weber in testa) storcono il naso di fronte agli acquisti di titoli di stato «periferici»: il timore è proprio di assistere a una perdita dell'indipendenza della Bce dalla politica, nonostante gli acquisti siano tutti sterilizzati.

Nuove munizioni
Visto sotto quest'ottica, l'aumento di capitale appare dunque la mossa più utile per smarcarsi dalla politica. Ma, al tempo stesso, l'operazione può anche avere un altro significato: la Bce potrebbe sentire la necessità di dover ricaricare le munizioni, ritenendo che i programmi anti-crisi varati dai governi siano insufficienti. Insomma: da un lato intende smarcarsi dalla politica, dall'altro prende atto che il suo ruolo resterebbe determinante anche in futuro.
Non è però molto chiaro quanto Francoforte possa realmente accrescere la portata degli interventi: su questo si possono fare soltanto supposizioni. Considerando anche la tranche di aumento di capitale di fine 2011 e i potenziali accantonamenti a riserva, Barclays Capital ritiene che il prossimo anno la potenza di fuoco della Bce possa variare fra gli 11 e i 23 miliardi di euro: denaro da destinare al programma di riacquisto di covered bond e titoli di stato.

Potrebbe sembrare ben poca cosa, ma bisogna tener presente che soltanto un decimo dei bond riacquistati rimane nella pancia della Bce (10 miliardi circa nel 2010), mentre la restante parte va ad appesantire i bilanci delle altre banche centrali europee. Insomma, se le proporzioni dovessero rimanere le stesse, i riacquisti potrebbero superare i 200 miliardi, anche se questo metterebbe sotto pressione i conti degli istituti nazionali. La Banca di Francia si sta già attrezzando per un aumento di capitale, Bundesbank e Banca d'Italia potrebbero imitarla a breve.

Un occhio alle banche
Non si deve infine sottovalutare l'aspetto delle banche retail. Il sistema creditizio europeo continua ad attingere dalla Bce per ottenere buona parte della liquidità necessaria, dando in cambio titoli obbligazionari di vario tipo che stanno però perdendo valore. L'aumento di capitale può essere letto come un messaggio tranquillizzante: Francoforte si rafforza per continuare a dare una mano al sistema finanziario. Ma anche qui esiste una doppia chiave di lettura, perché la Bce non ha mai fatto mistero di vivere con disagio la dipendenza delle banche dal suo «rubinetto» di liquidità: denaro fornito in quantità illimitata e a basso costo che in passato molti istituti di credito hanno utilizzato anche per speculare sui mercati. Quindi, mentre tranquillizza gli investitori, la Bce lancia anche il messaggio opposto: intendiamo chiudere al più pesto il rubinetto della liquidità. Come sulla politica: un colpo al cerchio, uno alla botte.

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