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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 06:41.
Le assemblee delle società quotate si esprimeranno annualmente sulle politiche di remunerazione dei manager ma quelle delibere non saranno comunque «vincolanti» per i consigli di amministrazione. È il "compromesso", tra cogenza delle delibere assembleari e standard di trasparenza, che caratterizza il decreto legislativo approvato ieri dal Consiglio dei ministri (in esecuzione della Legge comunitaria) con il quale è stata parzialmente recepita la raccomandazione europea del 2009 in tema di compensi ai manager. L'indicazione di sottoporre all'assemblea degli azionisti le policy sulle retribuzione erano già state inserite la scorsa primavera nelle norme di autoregolamentazione della Borsa Italiana.
Ora diventano obblighi di legge che inizieranno a decorrere l'anno successivo a quello di emanazione di un regolamento attuativo della Consob, presumibilmente nella stagione assembleare del 2012.
Le disciplina attuale già prevede l'approvazione assembleare dei piani di stock option dei manager ma per il resto i Cda godevano finora di una completa libertà d'azione. Una completa trasparenza ex post era comunque assicurata dai bilanci annuali delle imprese che contengono una specifica sezione sui compensi. Ora i soci avranno qualche prerogativa in più.
Il decreto approvato ieri dal Governo prevede che almeno 21 giorni prima dell'assemblea annuale degli azionisti le società quotate rendano pubblica una «relazione sulla remunerazione» composta di due sezioni. La prima illustrerà «la politica della società in materia di remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche con riferimento almeno all'esercizio successivo» nonchè «le procedure utilizzate per l'adozione e l'attuazione di tale politica». Il kit di informazioni da fornire agli azionisti sarà disciplinato da un regolamento della Consob, sentite Banca d'Italia e Isvap (per i soggetti da loro vigilati) e tenuto conto della normativa comunitaria di settore. Tali informazioni – stabilisce ancora il decreto - saranno volte a «evidenziare la coerenza della politica di remunerazione con il perseguimento degli interessi di lungo periodo della società e con la politica di gestione del rischio». Gli azionisti si pronunceranno sugli indirizzi retributivi ma appunto, la loro deliberazione «non è vincolante». Insomma i Cda manterranno comunque un'autonomia decisionale sia pure con "il fiato sul collo" di una pronuncia assembleare. La scommessa del legislatore è stata quella di non imporre alle società vincoli rigidi che avrebbero potuto rendere meno articolate e trasparenti le policy sottoposte alle assemblee.