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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2010 alle ore 06:41.
MILANO
Alexei Mordashov dà l'ultimatum sul dissesto Lucchini. Le banche cedono e fanno un passo in avanti in cambio di una minore stralcio di crediti e di non diventare azioniste. Il che renderà obbligatorio per Mordashov trovare un compratore. È un braccio di ferro quello tra il magnate russo dell'acciaio e i nove istituti di credito sui 700 milioni di debiti che stanno strozzando il gruppo. In mezzo c'è il destino della storica industria bresciana e dei suoi 2mila dipendenti, in bilico tra la salvezza o il default.
Per l'oligarca russo proprietario di Severstal, che già una volta ha salvato la Lucchini (nel 2005), la proposta di salvataggio fatta alle banche a inizio mese (e già una seconda versione migliorativa dopo che un primo piano era stato bocciata dagli istituti) è l'ultima ciambella di salvataggio: non ce ne se saranno altre e se i creditori non l'accettano per la Lucchini si materializza lo spettro del crack. Se le banche sono state finora riottose la situazione ha subìto un'improvvisa accelerazione giovedì scorso dopo che un vertice dei russi su Lucchini, cui ha partecipato in videoconferenza lo stesso Mordashov, ha posto l'aut aut.
Ieri, con gli uffici delle banche già mezzi vuoti in vista del Natale, è arrivata la risposta dal trio composto da Bnp Paribas, UniCredit e Intesa Sanpaolo (la cabina di regia che è stata a trattare su Lucchini per nome di tutte e nove banche creditrici) che ha inviato una contro-proposta a Mordashov: rimane invariata l'impalcatura del salvataggio, suddivisa in tre parti (150 milioni di euro di nuova finanza tramite ricapitalizzazione e prestito soci; conversione di crediti bancari in capitale; nuove linee di credito). La novità della contro-proposta è che le banche accettano di convertire 150 milioni (un po' meno dei 200 della proposta Mordashov), ma non riceveranno più, come contropartita, il 35% del capitale di Lucchini (inizialmente i russi offrivano il 30%). Mordashov continuerà dunque a essere l'unico azionista di Lucchini: al momento della vendita dell'azienda, però, l'incasso sarà spartito tra Mordashov e le banche, secondo una graduatoria prefissata. Prima gli stessi russi, poi le banche; se il ricavato supererà un certo valore, la quota in eccesso andrà ancora ai russi e successivamente agli istituti: in gergo tecnico è un rimborso "waterfall", ma la sostanza non cambia perché le banche in ogni caso, sia vendendo le azioni sia incassando i proventi della cessione, uscirebbero comunque.