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Finanza e Mercati In primo piano

Le prime venti banche hanno in mano metà della ricchezza mondiale

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2010 alle ore 16:47.

Il pianeta è oramai un condominio. Al fianco degli stati-nazione trovano posto, alle volte lo conquistano, entità finanziarie che azionano sui mercati veri e propri rubinetti che, a loro volta, gestiscono i volumi e i flussi dei miliardi che oggi sono indispensabili per rivestire di senso definito le proposte e le strategie elaborate dagli Stati. È il G 20 della finanza, cioè il B 20 che, formalmente non invitato alla tavola imbastita dei vertici dei Grandi ne determina comunque le oscillazioni, i mutamenti, le fughe in avanti o le improvvise retromarce. In Corea, all'ultimo summit di Seul, han trovato un posto in mensa i condomini, ma gli amministratori di condominio erano altrove.

Per ravvisarne le influenze che questi esercitano sui mercati, incuneandosi fin dentro i bilanci delle famiglie e delle aziende, è sufficiente osservare l'attuale scontro delle monete e delle divise internazionali, una riedizione, in chiave moderna, delle guerre da corsa che per secoli hanno dettato le agende e i transiti delle vie di mare e degli spazi oceanici, spesso autonomamente dalle stesse volontà sovrane che le avevano alimentate, e che oggi ridisegnano gli equilibri delle Borse, dei titoli e delle azioni. E, per effetto domino, dei singoli stati che la finanza provvede a misurare nel potenziale e nella autorevolezza. Per rendersi conto del leverage politico, non soltanto economico, degli amministratori di condominio e delle sue diverse componenti, è sufficiente osservare le ricchezze gestite e controllate.

Il B 20 della finanza vale 35mila miliardi di dollari secondo un recente rapporto dell'Unctad-Onu. L'identikit dei membri del G 20 della finanza è dominato dalle grandi banche. PNB Paribas, per esempio, i cui asset patrimoniali l'ambiscono l'asticella dei 3mila miliardi di dollari (2.948 miliardi), quindi, a seguire nella scala dei gestori dei tesori e delle risorse mondiali su cui costruire e dettare le linee dell'agenda mondiale, inclusa quella politica, l'apparentemente mite e distante Royal Bank Of Scotland Group PLC, impegnata ad amministrare e a orientare 2.682miliardi di dollari. E ancora, la HSBC Holdings PLC, alloggiata su 2.364miliardi di dollari, la Bank of America Corporation, 2.338miliardi e così via, fin in fondo, dove il ventesimo gradino coglie anche un segnale italiano, timido, ma ben strutturato.

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È la bandierina di IntesaSanpaolo, piantata su di un raccolto di oltre 895 miliardi di dollari. Con UniCredit, l'altro amministratore di condominio che declina la lingua del BelPaese, con un volume dalla tonalità monetaria superiore ai 1300 miliardi di dollari, si traduce bene l'influenza della finanza sui banchetti della politica nostrana. In pratica, si tratta d'un leverage che, associando i due Top 20, è sufficiente a coprire l'attuale Pil italiano, cioè la ricchezza che 60milioni di persone contribuiscono, insieme, a riversare sulle tavole d'un intero Paese. Uno sforzo difficile, intuitivamente, che però s'illanguidisce riflettendo sul fatto che due sole banche, con 270mila impiegati, e decine di controllate estere, da sole sono altrettanto ricche. Come dire, 270mila sta a 60milioni.

Dunque, 1 sta a 222, in pratica il paradigma che muove i mercati delle divise e degli strumenti finanziari che vi si addensano in cerca di liquidità. Insomma, già siamo nel pieno del financing-concept, o meglio, alla sua origine fondante, da cui il passo sulla scena della politica, domestica e internazionale, risulta quasi fisiologico. Piuttosto, il raffronto si fa quasi irriguardoso se il medesimo risultato lo si proietta sul Pil mondiale, all'incirca 60mila miliardi di dollari, e sull'attuale capacità patrimoniale del G 20 della finanza, oltre 35mila miliardi di dollari. Anche in questo caso, quindi, 20 entità trasnazionali riversano, manovrano e guidano sul mercato una ricchezza pari a circa 3/5, il 60%, di quanto 7,6miliardi di persone producono ogni anno, e con quale sforzo. In questo caso, sul piano mondiale, il paradigma metrico del potere finanziario che stringe il Pianeta oggi s'evolve, cresce, è 1 a 3000.

Ben superiore a quello che esibisce in Italia, per esempio, o in altri Paesi. Ragione questa, che riposa alla base della relazione e del rapporto, sempre più spesso di coabitazione, discreta o indiscreta, che segna il profilo dei singoli Stati. Naturalmente, la presenza e il rilievo della componente estera, costituita dalle società controllate in Paesi differenti da quello d'origine, contribuisce anch'essa a tracciare un tratto distintivo del profilo del potere della finanza. Si tratta d'una struttura materiale, in parte anche immateriale, alle volte in via prevalente, ma per definizione multilingue e votata all'esternalizzazione in tutte le sue componenti, il core, fondamentali.

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