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Scambio azionario tra Bp e Rosneft: alleanza nell'Artico

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2011 alle ore 08:16.

LONDRA - Dal golfo del Messico al gelo del circolo polare, più lontano dagli Usa, più vicino alla Russia. Bp volta pagina e l'annuncio arriva da Mosca. «Il gruppo petrolifero russo Rosneft e quello britannico Bp hanno raggiunto un importante accordo per lo sfruttamento delle risorse nell'Artico». Le parole del premier russo Vladimir Putin rimbalzano a Londra poco prima che nella sede del gruppo energetico di Saint James's Square, il presidente Carl Henrik Svanberg, annunciasse la nascita dell'«alleanza globale» fra i campioni petroliferi di Londra e Mosca. «Uniremo le nostre risorse e i nostri asset – ha detto Svanberg – per esplorare l'Artico». Un accordo che si regge sullo scambio di partecipazioni con Bp che porta al 9.5% lo stake in Rosneft e Rosneft che prende il 5% di Bp. Un matrimonio da 16 miliardi di dollari, sancito dal vice premier russo e plenipotenziario per gas e greggio, Igor Sechin, a Londra per la firma dell'accordo e di Chris Huhne il ministro dell'energia inglese. Vladimir Putin ha sottolineato che il governo russo sosterrà anche con politiche fiscali mirate le perforazioni artiche che Rosneft e Bp effettueranno. In ottobre il colosso petrolifero di Mosca, composto interamente dagli asset sequestrati alla Yukos di Mikhail Khodorkovskij, ottenne le concessioni per esplorare tre blocchi nel mare di Kara, East Prinovozmelsk 1,2,3.

Le ripercussioni sul titolo degli annunci di ieri sono giunte prima della comunicazione ufficiale. I rumors, circolati in serata a Londra, avevano spinto all'insù il titolo con gli Adr della società britannica, scambiati a Wall Street, schizzati del 4%, oltre quota 49.44 dollari, record degli ultimi otto mesi. Era rimasta, invece, estremamente riservata la notizia dell'incontro avvenuto ieri mattina fra Bob Dudley, ceo di Bp e grande artefice dell'intesa, e Vladimir Putin. Dudley fino al 2008 è stato numero uno di Tnk Bp, la joint venture paritetica fra il gruppo inglese e tre oligarchi russi. Lo è stato, cioè, fino al clash con gli azionisti privati moscoviti che gli era costato l'espulsione dal paese. Da tempo le relazioni sono ristabilite, ieri è caduto anche l'ultimo velo. Putin e Dudley si sono visti a lungo e hanno trattato anche i dettagli del contesto che farà da sfondo al deal.

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Tags Correlati: Artico | Bob Dudley | Carl Henrik Svanberg | Chris Huhne | Cremlino | Dal Congresso Usa | Edward Markey | Igor Sechin | Londra | Mikhail Khodorkovskij | Partecipazioni societarie | Rosneft | Russia | Vladimir Putin | Wall Street

 

Il mantra del leader russo rivolto a Gazprom e Rosneft è sempre stato uno solo: andare all'estero, espandersi oltre i confini nazionali. Chi lo fa può permettersi di portare in dote ai partner stranieri, l'accesso, regolamentato, alle grandi risorse di idrocarburi di Mosca. Bp ieri ha accolto l'invito, unendo con una mossa spregiudicata, il proprio destino a quello di Rosneft, ovvero del Cremlino. Un incontro che va molto oltre la dimensione economica e investe le relazioni politiche internazionali, alzando la temperatura in America. Non a caso mentre Putin e Svanberg parlavano lungo l'asse Londra-Mosca, dagli Usa rimbalzava una prima, solitaria voce del Congresso, quella del democratico Edward Markey il più rapido nello stigmatizzare un accordo che «il Dipartimento di stato dovrà monitorare perché potrebbe avere ripercussioni sulla sicurezza nazionale degli Usa». Un accordo da leggere bene, anche fra le righe.

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