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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 08:15.
Si può dare di più. Il popolare ritornello sanremese potrebbe essere accostato a meraviglia al parere che Larry Kantor, il capo economista di Barclays Capital ha della Banca centrale europea. In un'intervista a Il Sole 24 Ore, Kantor disegna gli scenari per il 2011 e non risparmia frecciatine all'istituto di Francoforte. «Credo che la Bce possa fornire un contributo maggiore per stabilizzare le tensioni che si sono create a causa dei debiti sovrani», risponde di getto quando si chiede un parere sull'operato di Jean-Claude Trichet e soci.
Il pensiero va in primo luogo al piano di riacquisti di titoli di stato dei paesi periferici in difficoltà: Grecia, Irlanda e Portogallo.
Le operazioni condotte dall'Eurotower hanno registrato accelerazioni e frenate da quando, in maggio, sono state avviate. Nell'ultima settimana, stando alle indicazioni dei trader, i riacquisti sarebbero ricominciati dopo un periodo di stanca e i risultati sugli spread, cioè sul differenziale di rendimento nei confronti del bund tedesco, si sono visti. Ma il confronto con la potenza di fuoco messa in campo dalla Fed resta impietoso: «Washington – osserva Kantor – ha intenzione di acquistare 2.300 miliardi di dollari di titoli di debito, mentre Francoforte finora ne ha comprati l'equivalente di meno di 100 miliardi di dollari. Se la Bce annunciasse un aumento significativo dei riacquisti farebbe probabilmente un passo avanti decisivo verso una stabilizzazione della situazione, soprattutto se queste operazioni si combinassero con un piano di tipo strutturale per affrontare i problemi del debito nel futuro».
Il problema, chiaramente, è di tipo politico: la Fed agisce come un'unica entità, mentre non è un mistero che alcune nazioni europee, Germania in primis, non vedano di buon occhio né l'attivismo della Bce sui bond, né forme di soccorso alternativo come l'emissione del bond europeo. «Gli interessi contrastanti dei politici europei rendono difficile una soluzione proattiva ai problemi del debito, ma tutta questa attesa potrebbe riaccendere le pressioni sul mercato nei confronti dei periferici», avverte però Kantor, che non esclude per i prossimi mesi conseguenze a catena che possano rendere necessario anche un intervento di salvataggio per il Portogallo. L'effetto domino dovrebbe però arrestarsi alla frontiera iberica e non trasmettersi alla Spagna. «Grecia, Irlanda e Portogallo – aggiunge l'economista – sono paesi relativamente piccoli che non possono davvero rappresentare una minaccia alla stabilità globale. Spagna e Italia sono invece molto più grandi e sarebbero un problema molto più complicato da affrontare per la Ue». Roma e Madrid sono dunque «too big to fail», troppo importanti per essere lasciate al proprio destino, ma non solo. «I problemi del debito di Italia e Spagna non sono così inaffrontabili come quelli di Grecia, Irlanda e Portogallo», puntualizza Kantor.