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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 08:01.
Brian Cowen getta la spugna e porta Dublino alle urne. L'annuncio delle elezioni irlandesi fissate per l'11 marzo era nell'aria dai giorni cupi d'autunno, quando la crisi finanziaria aveva spinto il governo del Fianna Fail al minimo storico del consenso. Per scrivere una data in calendario è stato, però, necessario un altro colpo di coda, il tentativo disperato del meno popolare primo ministro che Dublino ricordi.
Cowen ha tentato un rimpasto record con la sostituzione di sei ministri, ma se il premier sperava che quella potesse essere la via per prendere altro tempo ha sbattuto contro il no dei verdi, partner nella coalizione che hanno staccato la spina all'esecutivo. «Ho letto delle dimissioni dei ministri sui giornali - ha detto il leader ecologista John Gromley - e il rimpasto è stato presentato come una decisione già presa, senza alcuna trattativa. Una decisione che non potevamo avvallare con i nostri voti perché avremmo dato i segnali peggiori al paese». Paese che, di altri cattivi segnali dalla classe politica, non ha affatto bisogno. Soprattutto quella che governa. Il Fianna Fail che aveva avuto il 40% dei voti alle ultime votazioni, ora viaggia attorno al 14% , mentre l'opposizione di centro-destra, Fine Gael, è schizzato al 35 per cento. Aumentano anche i laburisti e questo lascia ipotizzare che dalle urne potrà prendere corpo l'anomala unione Fine Gael-Labour. Una rivoluzione per un paese che dal giorno dell'indipendenza da Londra ha avuto come forza largamente dominante il Fianna Fail.
D'altra parte quanto è accaduto nell'ultimo decennio a Dublino è rivoluzionario in tutti i sensi. Lo fu lo straordinario boom che fece della cenerentola d'Europa una delle realtà più ricche dell'Unione, lo è stata l'esplosione di una bolla, soprattutto immobiliare, che non ha avuto uguali nel resto del Continente. Il crollo del real estate ha trascinato a fondo le banche e in ultima istanza il paese che si è trovato a fare i conti con un disavanzo superiore al 30% del Pil. È cronaca di ieri il salvataggio di Ue e Fmi, deliberato in novembre per evitare che il contagio irlandese si allargasse ad altre realtà comunitarie colpendo l'euro. E già allora il ricorso alle urne sembrava destino inevitabile per Dublino. Brian Cowen ci ha provato, ma il suo azzardo ha solo accelerato l'apertura delle urne.