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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 08:01.
Le autorità dell'area dell'euro stanno discutendo la possibilità di finanziare un buyback del debito greco, con un'operazione che consentirebbe di alleviarne il peso per Atene, senza dover dichiarare formalmente una sua ristrutturazione. Il possibile intervento, rivelato da fonti di stampa tedesche, sarebbe il riconoscimento che, nonostante il salvataggio realizzato da Unione europea e Fondo monetario nel maggio scorso per 110 miliardi di euro, la situazione del debito greco resta insostenibile. Ufficialmente, si continua a rifiutare l'ipotesi di una ristrutturazione del debito. L'opzione verrebbe inserita insieme ad altre nel pacchetto di riforma della European Financial Stability Facility, il cosiddetto fondo salva-stati, riforma che dovrebbe ampliarne le risorse e i compiti e sulla quale i leader europei cercheranno di trovare un'intesa prima del summit di fine marzo.
Il riacquisto di titoli greci verrebbe realizzato dall'Efsf a prezzi di mercato. Non è chiaro se il fondo interverrebbe direttamente sul mercato secondario, oppure rilevando titoli già acquistati dalla Banca centrale europea, nel programma attraverso il quale la Bce ha sostenuto in queste settimane il debito di alcuni paesi della periferia di Eurolandia. Secondo Erik Nielsen, di Goldman Sachs, l'operazione avrebbe anche il vantaggio di ridurre la necessità di acquisti da parte della Bce. L'istituto di Francoforte non vede di buon occhio la continuazione di queste operazioni indefinitamente, in quanto ritiene che il problema vada affrontato dal punto di vista fiscale. Un'altra possibilità è che l'Efsf presti i soldi alla Grecia e che sia Atene a effettuare il buyback, oppure che il fondo europeo garantisca emissioni greche destinate a finanziare il riacquisto. In ognuna di queste ipotesi, la Grecia potrebbe quindi cancellare il debito rilevato, ottenendo un alleggerimento pari alla differenza fra la quotazione di mercato o un valore leggermente superiore per attirare i venditori (si parla del 70%) e il valore nominale. L'operazione verrebbe accompagnata dalla imposizione di ulteriore condizionalità rispetto a quella già applicata, con la richiesta dell'adozione di misure più severe da parte del paese beneficiario.