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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 08:20.
Da salvagente a zavorra il passo non può essere certo breve. E in effetti sono stati necessari quasi 15 anni per rendere la legge anti-usura, che il suo compito lo ha svolto con successo, decisamente meno al passo con i tempi. Colpa del metodo di rilevazione degli interessi limite da non superare quando si concedono finanziamenti a famiglie e imprese, che poteva essere adatto negli anni 90, quando cioè i tassi di mutui e prestiti viaggiavano ben al di sopra del 10%, e lo è un po' meno oggi che quei valori sono ridottissimi.
Dello strano caso sollevato ieri da Il Sole 24 Ore a proposito dei mutui a tasso fisso di nuova erogazione che rischiano di superare la soglia di usura nei prossimi tre mesi se ne sta discutendo molto, fra le banche e non solo. Ma il problema non riguarda tanto i prestiti immobiliari per i privati, quanto l'intero spettro dei finanziamenti, soprattutto quelli rivolti alle aziende.
«Nella situazione attuale la normativa legata all'usura può penalizzare l'accesso al credito da parte della clientela: si rischia di non poter erogare finanziamenti perché i tassi soglia sono estremamente ridotti e il costo della provvista è ancora relativamente elevato», confermano dall'Associazione bancaria italiana (Abi), che proprio nelle ultime settimane sta segnalando la questione alle diverse autorità competenti e tentando di coinvolgere Banca d'Italia, Governo e il mondo dei rappresentati delle imprese per trovare una soluzione condivisa. E proprio dall'Abi arriva l'invito ad «adeguare la normativa» anti-usura.
Il nocciolo della questione sta appunto nel metodo di calcolo delle soglie limite, che la Banca d'Italia rende pubbliche con cadenza trimestrale. La rilevazione dei tassi medi per le diverse categorie di finanziamento (mutui, ma anche prestiti personali, leasing, factoring, scoperti e anticipi in conto corrente) ai quali si deve applicare un sovrapprezzo del 50% si basa sui dati dei trimestri precedenti e lo scollamento temporale (dai 3 ai 9 mesi) può giocare brutti scherzi. L'esempio dei mutui a rata fissa è evidente: il tasso di usura in vigore fino al 31 marzo 2011 (6,29%) è basato sui prestiti del terzo trimestre 2010, stipulati cioè quando i tassi Irs erano ai minimi storici, e oggi che questi indicatori sono risaliti il rischio di oltrepassare i limiti con le nuove erogazioni è concreto.