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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 08:58.
Le stiamo perdendo, anzi forse le abbiamo già perse. Non è l'ultima puntata di E.R.-Medici in prima linea, ma il "dramma" sulle conseguenze della Mifid che sta andando in onda a Piazza Affari. Pochi se ne sono accorti, ma su un quarto delle blue chip italiane gli scambi si fanno ormai più fuori Borsa che in Borsa.
Uno studio curato da Steve Grob di Fidessa, per conto di Emittenti titoli, ha evidenziato che ben dieci titoli dell'indice Ftse-Mib hanno oltrepassato la soglia. A partire da Telecom che vede meno del 36% dei volumi negoziati in Borsa, oltre il 16% sui mercati alternativi e più del 45% sull'over the counter. A seguire altri due pesi massimi del listino, Eni (43,62% degli scambi in Borsa) ed Enel (44%), e persino società di minor capitalizzazione come Parmalat (44,16%) e Diasorin (44,71%). Per questi titoli già oggi la Borsa non è più il mercato d'elezione, sebbene il confronto sia "viziato" dai volumi sull'Otc che ci sono sempre stati. Ma anche limitandosi al raffronto con i mercati alternativi "trasparenti", se si andrà avanti di questo passo, a fine anno su un titolo come Telecom Borsa e Mtf si equivarranno.
Eppure, Milano ha resistito meglio di altre piazze alla concorrenza. Gli scambi in Borsa sull'Ftse-Mib sono passati dal 97,65% di fine 2008 al 78,85% di fine 2010, mentre nello stesso periodo la quota dell'Lse sui titoli dell'Ftse 100 è scesa dal 78% al 56,4%. In entrambi i casi, ad avvantaggiarsene è stata soprattutto Chi-X, la piattaforma promossa da un gruppo di grandi banche internazionali che, sfruttando costi di trading ridotti all'osso (e soprattutto remunerando chi porta liquidità al mercato), è riuscita a ritagliarsi una fetta che è arrivata a sfiorare il 12% sulle blue chip tricolori e a superare il 25% su quelle londinesi.
Il che non significa che la liquidità sia diminuita. Anzi, sempre nell'ambito della ricerca coordinata da Valter Lazzari della Sda-Bocconi per Emittenti titoli, uno studio curato da Peter Gomber dell'Università di Francoforte dimostra che l'introduzione della Mifid ha aumentato la liquidità complessiva del mercato azionario in Europa a beneficio degli spread denaro-lettera che si sono ridotti. Per quanto riguarda in particolare Piazza Affari, Carmine Di Noia, vice-direttore di Assonime, stima che la metà degli scambi realizzati fuori Borsa sia classificabile come liquidità aggiuntiva e l'altra metà come liquidità sottratta al mercato principale.