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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 10:35.
La corsa al rialzo dello stagno sta guadagnando in velocità. Le quotazioni, già ai massimi storici da venerdì della scorsa settimana, ieri al London Metal Exchange hanno sfondato quota 30mila dollari per tonnellata (base tre mesi) e non accennano per ora a fermarsi. Ad alimentare ulteriormente il rally ci ha pensato il governo dell'Indonesia, maggiore esportatore del metallo e responsabile di circa un terzo delle forniture mondiali.
Se i prezzi record dovessero scatenare una corsa all'estrazione del metallo, Giakarta imporrebbe un tetto all'export, ha avvertito Banbang Setiawan, direttore generale del dipartimento minerario al ministero dell'Energia. «Con questi prezzi la gente si metterà a scavare anche nel giardino di casa. Ma noi vogliamo tutelare l'ambiente ed evitare eccessi di offerta. Se nei prossimi mesi vedremo salire la produzione, avremo bisogno di restringerla ad un massimo di 100mila tonnellate l'anno».
Il tetto è superiore alla produzione che l'Indonesia contava di raggiungere nel 2011: 90mila tonnellate di metallo raffinato, contro le 78.965 del 2010, anno pessimo a causa delle piogge torrenziali, che hanno ulteriormente ostacolato un settore già da anni in crisi. Ma gli speculatori hanno subito colto l'occasione per intensificare le scommesse al rialzo, a costo di assumersi forti rischi: il mercato dello stagno è molto poco liquido e in passato non mancato esempi di perdite clamorose da parte di fondi che si erano spinti troppo in là nell'accumulare posizioni lunghe (all'acquisto).
Tra i principali fattori fondamentali che hanno innescato il rally dello stagno, oltre al forte aumento dei consumi (+12,5% nel 2010, secondo l'Itri) ci sono del resto proprio le crescenti difficoltà dell'industria estrattiva indonesiana, colpita – ben prima che dal maltempo – da un forte declino delle sue miniere, sfruttate per decenni senza alcun rispetto per l'ambiente, e alla battaglia contro le estrazioni illegali, che dal 2007 ha spinto Giakarta ad imporre misure sempre più rigide.
Almeno in questo periodo, assicurano i trader, sul mercato fisico non si avvertono comunque carenze. Le scorte Lme da ottobre sono salite di circa il 50% (a 17.720 tonn, sufficienti per due settimane e mezza di consumi) e anche la backwardation, ossia il premio della quotazione cash sul tre mesi, resta contenuta: una cinquantina di dollari contro una media di quasi 200$ dal 2009.