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Eurizon-Pioneer, manager al lavoro per la mega merger del risparmio gestito

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 06:41.

La grande aggregazione del risparmio gestito tra Pioneer Investment (UniCredit) ed Eurizon Sgr (Intesa Sanpaolo) è un po' come l'araba fenice: che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. I manager dei due gruppi non ne hanno mai parlato, anche se negli ultimi giorni sono filtrati segnali di apertura. A discettarne, finora, sono stati soprattutto gli azionisti delle banche. Prima il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti («tifo per la soluzione italiana»), lunedì e ieri il presidente della Compagnia San Paolo Angelo Benessia («dal punto di vista del sistema ha senso, poi è mestiere della banca esaminarla dal punto di vista dei profili tecnici e della convenienza economica»).

Ieri è intervenuto sul tema anche il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli che, da un lato, è sembrato confermare l'esistenza del progetto. Dall'altro, è parso frenare la spinta degli azionisti, lasciando ai manager la responsabilità di valutare la fattibilità dell'aggregazione. «Non precorriamo i tempi – ha commentato ieri Bazoli, a margine della cerimonia in ricordo dello scomparso Tommaso Padoa-Schioppa –, una decisione di questo genere non spetta agli azionisti, spetta ai manager e agli organi societari, che stanno esaminando il problema». Riferendosi ai vertici della Fondazione Cariplo e della Compagnia San Paolo, Bazoli ha aggiunto: «I due presidenti ne parlano e questo significa che due grandi azionisti hanno dato una disponibilità». Nei giorni scorsi, l'ad di Intesa Sanpaolo Corrado Passera si era limitato a dire di «prendere atto» del "tifo". di Guzzetti.

Bocche cucite, invece, in UniCredit. Nessun commento ufficiale è arrivato, per il momento, dalle Fondazioni azioniste. Anche se informalmente sia CariVerona che Crt sembrano a favore dell'esame del progetto italiano. No comment invece dai manager. Ieri il presidente di UniCredit Dieter Rampl non ha voluto parlare dell'argomento, né della nomina del successore di Sergio Ermotti alla guida dell'investment banking (limitandosi a ricordare che il prossimo cda ordinario si terrà dopo il 20 febbraio). Nei giorni scorsi, da Davos, il ceo Federico Ghizzoni aveva evidenziato che Pioneer sta procedendo con l'esame delle varie proposte di aggregazione senza guardare «alla nazionalità» dei candidati.

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Tags Correlati: Amundi | Angelo Benessia | Cariverona | Corrado Passera | Credit Agricole | Federico Ghizzoni | Fondazione Cariplo | Giovanni Bazoli | Intesa Sanpaolo | Management | Pioneer | Sergio Ermotti | Tommaso Padoa-Schioppa

 

L'imbarazzo, in casa UniCredit, è evidente. Da mesi il gruppo ha avviato una gara che sta coinvolgendo le maggiori banche europee (in ballo ci sono Amundi, controllata da Credit Agricole e Société Générale, e Natixis). Dopo lunghe procedure, entro poche settimane i gruppi selezionati dovrebbero presentare le offerte vincolanti per importi dell'ordine dei 2,5-3 miliardi di euro. È possibile interrompere un progetto di aggregazione internazionale, dopo gli input che dalla politica sono arrivati alle Fondazioni? È uno dei quesiti che in questi giorni si starebbe ponendo il management di UniCredit, che alterna la preoccupazione per la credibilità internazionale del gruppo con le ragioni di chi sollecita, anche a livello di governo, la creazione di un maxi-polo domestico dell'asset management. Ecco perché in casa UniCredit, pur non chiudendo affatto le porte al progetto Pioneer-Eurizon, nessuno prende posizione né a livello di management né a livello di azionisti.

Come andrà a finire? Molto dipenderà dai prezzi delle offerte che i due concorrenti francesi (Amundi e Natixis) saranno orientati a presentare nelle prossime settimane. UniCredit ha in bilancio Pioneer a 2,5 miliardi e vende (o "aggrega") solo se può realizzare una plusvalenza. D'altra parte, né Amundi né Natixis hanno eccesso di capitale. E quindi l'acquisizione richiederebbe l'iniezione di capitali da parte delle banche azioniste. Non si può escludere, dunque, che la gara internazionale non vada a buon fine. E che UniCredit e i suoi azionisti, senza compromettere la reputazione internazionale, possano poi convolare a nozze con la Eurizon di Intesa Sanpaolo. Con il gradimento delle Fondazioni e di chi le vigila.

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