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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 09:51.
MILANO - Il boom dei prezzi internazionali delle materie prime arriva sugli scaffali dei supermercati, prima delle attese: a dicembre, secondo le rilevazioni di SymphonyIriGroup, i listini del largo consumo sono cresciuti dello 0,3%. Dopo 16 mesi di deflazione. A trainare i prezzi a dicembre sono stati ortofrutta (+6,1%), fresco (+1,2%) e drogheria (+0,3%) mentre si sono sgonfiati i listini dei prodotti per la cura della persona e della casa.
«Nulla di clamoroso per ora – sottolinea Paolo Garro, direttore clienti del largo consumo di SymphonyIri – ma dopo circa un anno e mezzo di prezzi deboli e con consumi stagnanti la svolta non può passare sotto silenzio».
Insomma le tensioni internazionali hanno iniziato a scaricarsi sul consumatore prima del previsto e in prospettiva sono destinate a intensificarsi. Fino a che punto? SymphonyIri, a fine 2010, aveva prudenzialmente stimato l'inflazione 2011 nei prodotti di largo consumo all'0,6% ma «oggi – precisa Garro – è ragionevolmente prevedibile che possa attestarsi tra l'1,5 e il 2% nonostante una pressione promozionale che dovrebbe rimanere su livelli elevati, come nel 2010». L'1,5-2% di inflazione è peraltro in linea con quella generale stimata per l'anno in corso.
A cavallo dell'anno i produttori italiani hanno notificato ai distributori i primi aumenti dei beni alimentari, con punte a due cifre ma tutti da negoziare: il 40% per il parmigiano reggiano, il 20% per zucchero e olio di oliva, il 12% per il caffè, il 10% per le carni bovine, il 5-6% per farina e formaggi. Insomma, una vera stangata sulla dieta degli italiani.
Per Vincenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestione di Coop Italia «lo tsumani degli aumenti richiesti, ma ancora da negoziare, potrebbe arrivare al 6%. Un colpo terribile per consumi che sono già debolissimi e per la grande distribuzione che nel 2010 ha registrato, per la prima volta, un calo delle vendite a rete corrente».
Per i produttori di Unionzucchero il rincaro annunciato dai distributori è da verificare. «Gli aumenti dei listini al consumo – osserva Giorgio Sandulli, direttore di Unionzucchero – normalmente non si notano: l'80% dei consumi infatti passa attraverso l'industria, soprattutto dolci e bevande». E l'80% dei consumi viene coperto da produzione nazionale e comunitaria, dove i prezzi sono stabili. Sulla parte restante influisce l'import extra Ue. In questo periodo però il prezzo mondiale dello zucchero ha toccato il livello più alto degli ultimi 30 anni, a causa delle difficoltà climatiche che hanno colpito i maggiori paesi produttori, Brasile e India, e dell'incremento costante dei consumi da parte della Cina. «Risulta impossibile – conclude Sandulli – sterilizzare il mercato europeo e italiano dal trend internazionale rialzista. E questo dopo quattro anni di discesa del prezzo dello zucchero: -30% dal 2005».