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Finanza e Mercati In primo piano

Ora Chicago è capitale della finanza Usa

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2011 alle ore 15:08.

L'America piange la (possibile) perdita del New York Stock Exchange, storico simbolo del capitalismo yankees. «Solo qualche anno sarebbe stato impensabile per il Nyse di essere preda di una borsa valori straniera», è stato il commento di Benn Stell del Council on Foreign Relations alla notizia che la Deutsche Börse si appresterebbe a conquistare il cuore di Wall Street.

Ma quella borsa valori, nata nel lontano 1792 all'ombra di un platano sulla strada che costeggiava il vecchio muro di cinta della New York settecentesca (e per questo battezzata Wall Street), è ormai poco più di un simbolo di un'attività - quello della compravendita di titoli - che da tempo ha perso splendore e profitti.

Solo dieci anni fa i broker del Nyse guadagnavano 6,25 centesimi di dollaro ogni qualvolta scambiavano 100 titoli. Ora, con la competizione di tante piattaforme elettroniche, quel margine si è ridotto a un singolo centesimo per i titoli più frequentemente scambiati.
Che il futuro fosse in futures, opzioni e derivati in genere, i cui scambi offrono margini molto maggiori, è chiaro da tempo. «Se Deutsche Börse ha una maggiore capitalizzazione è soprattutto perché gestisce più scambi in derivati, un business più redditizio e con maggiore potenziale di crescita», dice Georges Ugeaux, amministratore delegato di Galileo Global Advisors. E su quel terreno oggi la regina non è New York ma Chicago. È quella la vera roccaforte della finanza americana – il luogo in cui si scambiano più opzioni e futures, dal grano ai metalli. Tant'è che ha una capitalizzazione a prova di scalata di oltre 20 miliardi di dollari (contro i 9,9 del Nyse Euronext).

Nata nel 1898 come Borsa delle uova e del burro - il nome originale era Chicago Butter and Egg Board - poi divenuta Chicago Mercantile Exchange, meglio nota come Chicago Merc, nel luglio del 2007 ha assorbito la concittadina Chicago Board of Trade, assumendo il nome di Cme Group. Un anno dopo, nell'agosto 2008, è divenuta il colosso che è inglobando il New York Mercantile Exchange.

«Vista l'importanza che hanno assunto i derivati, e visto che nuove normative come il Dodd-Frank Act stanno assoggettando questi strumenti finanziari alle regole delle borse, la vera partita si gioca su questo fronte e non più sull'azionario», osserva Jeremy Grant del Financial Times.

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Nulla di cui preoccuparsi dunque per chi vorrebbe che i templi della finanza americana rimanessero Made in Usa? Non proprio. Perché l'invasione di campo tedesca interessa sì la più famosa Borsa titoli del mondo, ma ha ripercussioni anche sul mercato delle opzioni e dei derivati, un settore in cui Deutsche Börse è già forte. Se infatti separatamente Nyse Euronext e Deutsche Börse sono due concorrenti più deboli di Cme, insieme costituirebbero un avversario più potente. Con un volume di contratti in derivati che potrebbe sfiorare i cinque miliardi all'anno. Quindi ben superiore ai 3,1 registrati dal Cme nel 2010.
Insomma, se l'acquisto di Nyse verrà autorizzato da regolatori e Congresso (e non è scontato), è probabile che stimolerà Chicago a considerare un'ulteriore acquisizione. Gli analisti hanno già cominciato a chiedersi quali potrebbero essere i bersagli più probabili. Il più appetibile è certamente il Bm&Fbovespa, la borsa valori brasiliana creata nel 2008 dall'integrazione della Bolsa de Valores de São Paulo con la Bolsa de Mercadorias e Futuros. «Quella brasiliana è una delle economie in maggiore crescita del mondo, il Brasile è uno dei maggiori esportatori di commodities, grano in testa, e nel 2010 Bm&Fbovespa ha registrato un aumento dei profitti del 50%. Difficile pensare a un bersaglio migliore per Chicago», dice Jon Najarian, co-fondatore di OptionMonster.com. Le due Borse hanno anche legami sia azionari che operativi: Bm&Fbovespa possiede il 5% di Cme Group, e insieme stanno costruendo una nuova piattaforma per lo scambio di derivati.

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