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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2011 alle ore 06:38.
A CURA DI
Cristiano Dell'Oste
Saverio Fossati
Chi crede di aver sempre capito tutto della contabilità condominiale – fino all'ultimo centesimo – farebbe comunque bene a leggere questa pagina. Chi litiga puntualmente con quote, millesimi e conguagli, invece, potrà partire dalle dieci domande riportate nel grafico a destra per fare il test di trasparenza al proprio rendiconto annuale (e al proprio amministratore). Con un po' di fantasia, si può anche tradurre il risultato in un voto: otto risposte positive segnano un buon livello di chiarezza, sei sono la sufficienza, cinque (o meno) fanno suonare un campanello d'allarme sulla gestione. Le domande partono dalle "Linee guida per la redazione del rendinconto condominiale", elaborate dall'Anaci (associazione di amministratori immobiliari) insieme all'Ordine dei commercialisti di Napoli. Il testo è pensato per gli amministratori ma è utilissimo anche per i proprietari e gli inquilini – ora che si avvicina la stagione delle assemblee – perché costituisce un mini-manuale con le buone regole sulla contabilità.
Il codice civile, su questo argomento, si limita a dire che l'amministratore, alla fine di ogni anno, «deve rendere il conto della sua gestione» (articolo 1130) e che l'assemblea dei condomini deve approvare il rendiconto annuale (articolo 1135). Tutto il resto è affidato alla pratica professionale e alle sentenze dei giudici. Ecco perché è importante la scelta di campo contenuta nelle linee guida, che puntano sul criterio di competenza: in pratica, è fondamentale che siano indicate tutte le entrate e le uscite maturate nel corso dell'esercizio, a prescindere dai movimenti di cassa, che dovranno poi essere riportati – a parte – nel prospetto con la situazione di cassa. Tra l'altro, il criterio unico di competenza è anche quello per cui opta il disegno di legge di riforma del condominio approvato dal Senato e ora all'esame della Camera (Ac 4041), dopo che le versioni precedenti del testo richiedevano cassa «e» competenza.
Peraltro, in base al secondo sondaggio Anaci del 2010, condotto tra i propri associati, c'è un 30% di amministratori professionali che segue il criterio di cassa, e quindi presenta in assemblea un rendiconto che riporta solo incassi ed esborsi, senza dar subito l'idea di «quanto si è speso» (le spese "vere", infatti, sono quelle maturate, non quelle pagate). Lo stesso sondaggio evidenzia che il 16,7% degli amministratori archivia ancora i dati su carta, il che potrebbe rendere complicato attenersi alle linee guida.
È chiaro, infatti, che un rendiconto non può dirsi trasparente se non ordina le uscite per tipologia (tabella A generale, tabella B portierato, tabella C scala, eccetera) e se non dettaglia per ognuna di esse le voci di costo (ad esempio elencando per l'ascensore quanto si è speso per l'elettricità, quanto per le manutenzioni, quanto per le verifiche biennali). Dopodiché, per ogni tipologia di uscite, il riparto consuntivo deve indicare i millesimi di ogni condomino e le somme dovute.
Dove molti rendiconti peccano di imprecisione, poi, è nello stato patrimoniale, che dovrebbe indicare il quadro completo di tutti i crediti e i debiti del condominio, specificando quelli legati a morosità e cause pendenti e facendo in modo che i saldi "quadrino" con quelli indicati nel prospetto sulla situazione di cassa. Una vera novità, infine, è la relazione di gestione: oggi la fanno pochissimi amministratori, ma è uno strumento utilissimo, soprattutto se allegata alla convocazione dell'assemblea.
Ultima arma di controllo è la possibilità di visionare fatture e ricevute. I giudici hanno chiarito che ogni condòmino ha diritto di farlo in qualsiasi momento, senza dover motivare la richiesta. Il sondaggio Anaci evidenzia invece che il 55,6% degli amministratori consente di accedere ai documenti previo appuntamento, il 15,9% dieci giorni prima dell'assemblea e il 28,5% in assemblea. Su questo punto, insomma, c'è ancora da lavorare.
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