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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 07:51.
LONDRA. Dal nostro corrispondente
Il prezzo del barile tiene a galla Bp anche se con molte più difficoltà del previsto. Il gruppo britannico ha chiuso il secondo trimestre con un utile (underlying) di 5,6 miliardi di dollari contro i circa 6 previsti dagli analisti e a fronte della perdita di 17 miliardi dello stesso periodo del 2010. Misurata con la performance di 12 mesi fa la dinamica è impressionante, ma scorretta. Sul trimestre del 2010 pesava una quota importante del pagamento dei danni generati dal disastro del Golfo del Messico. Nel primo trimestre 2011 Bp aveva fatto registrare utili di 5,5 miliardi.
A sostenere i numeri, sebbene non nella misura sperata, è stato il prezzo del barile che ha limitato i danni di un calo produttivo dell'11%, causa lo stop alle estrazioni nel Golfo del Messico e dalle dismissioni effettuate nell'ultimo anno. Fino a ora il big britannico ha ceduto asset per 25 miliardi di dollari per indennizzare chi ha subito i danni per l'esplosione di DeepWater Horizon dove, lo ricordiamo, morirono 11 persone innescando il maggior disastro ecologico nella storia Usa. A oggi la società di Saint James square ha pagato 6,8 miliardi di dollari di danni. Il conto finale oscilla fra i 30 e i 40 miliardi e gran parte di questi danari, Bp spera di recuperarli dai partner nelle operazioni di esplorazione ed estrazione. In particolare da Transocean proprietaria della piattaforma del Golfo e ora trascinata in tribunale con la richiesta di un indennizzo da 40 miliardi di dollari.
Al di là dell'esito finale di questa e molte altre cause legate alla tragedia del Golfo, Bp, cerca di ridisegnare la sua collocazione nel mondo del petrolio e del gas. «Negli ultimi 12-24 mesi – ha commentato l'analista di Arbuthnot, Doug Youngson – i concorrenti hanno tracciato nuove strategie, ma non è chiaro invece che cosa voglia fare Bp». In realtà un disegno preciso c'era. Bp puntava all'Artico con la russa Rosneft in un controverso mega deal fallito per l'opposizione dei soci moscoviti di Tnk-Bp, la joint venture anglo russa. «Bp – ha replicato il ceo Bob Dudley – sta mutando rapidamente. Ci aspettiamo un ritorno alla crescita nel 2012-13 quando nuovi progetti diverrano operativi e quando torneremo nel Golfo del Messico». Un impegno in attesa del futuro che i mercati non hanno apprezzato. Dopo l'annuncio dei risultati il titolo è caduto del 2,3%.
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