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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2013 alle ore 17:56.
DAVOS - «I giapponesi per spingere il loro export e la loro economia vogliono buttare giù lo yen e non vogliono comprare dollari anche per non irritare il partner americano sempre sul fronte dei cambi e quindi si comprano l'euro. A questo punto l'euro va alle stelle e l'Europa sopporta l'aggiustamento anche del Giappone», dice Domenico Siniscalco, presidente di Assogestioni.
E' possibile una riunione del G20 su questo tema? «Più probabile una riunione del G7 ma non vedo facile che i giapponesi, che hanno appena cominciato questa politica, siano orientati a ripensarci». Il rischio finanziario è finito? «Il rischio io lo vedo sull'economia reale, perché gli aggiustamenti di tassi di cambio finiranno per danneggiare fortemente il settore export europeo, e quindi ne soffre l'economia. Anche perché per le banche centrali non è facile avere il cambio come obiettivo».
«Naturalmente c'è un pericolo in questa guerra dei cambi quando una nazione è impegnata in uno sforzo di svalutazione competitiva attraverso l'indebolimento della valuta invece di stimolare la domanda interna e aiutare così i propri prodotti»,Jacob Frenkel, chairman di JPMorgan international. «Questa non è la giusta direzione di procedere. Le regole del gioco sono di guadagnare tutti, invece quando una nazione danneggia le altre le altre nazioni queste ultime reagiranno con una rappresaglia e alla fine la competitività non sarà migliorata e le tensioni aumenteranno. Questo non è un buon modo di procedere in un sistema integrato globale», conclude Jacob Frenkel, chairman di JPMorgan international.
Su toni più cauti Martin Wolf, commentatore economico al Financial Times secondo cui «i giapponesi devono ridurre il loro yen che è molto forte. Per una nazione export-oriented non c'è scelta». «Il vero problema è far partire la domanda interna nell'eurozona e in Germania, ma questa è una scelta politica che deve decidere Berlino», conclude Wolf.
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