
Non andate a Copenaghen: di questi tempi non ne vale proprio la pena, visto che fa molto freddo e il ristorante Noma è chiuso. Chiuso? Si’, perché René Redzepi e tutta la sua squadra (una sessantina di persone ) si sono trasferiti a Tokyo per più di un mese, in prima assoluta (solo durante le Olimpiadi di Londra era successo qualcosa di simile, per pochi giorni).
Ma se pensate di venire a Tokyo per assaggiare il menù creativo dello chef pluristellato e numero uno al mondo secondo la classifica San Pellegrino 50Best – con sorprese inedite attraverso l’elaborazione di soli ingredienti locali in piatti di nuova ideazione – siete fuori strada: è tutto straesaurito fino all’ultimo giorno (14 febbraio), e lo era prima ancora dell’inaugurazione, il 9 gennaio, del pop-up Noma al 37esimo piano del Mandarin Hotel di Nihonbashi, con vetrate sui quartieri commerciali e finanziari del centro.
Le prenotazioni sono iniziate nel giugno scorso sul web ed è stato come per una prima della Scala. Successo analogo per le prenotazioni serali gestite dall’hotel in congiunzione con un pacchetto di soggiorno da circa 1500 dollari a notte, tanto che, rispetto ai piani originari, è stata decisa una estensione di due settimane senza riaprire le prenotazioni.

Una trasferta con il sostegno del governo danese
Il 37esimo piano del Mandarin Hotel – aggiunta piuttosto recente al top della recettività alberghiera di Tokyo – è da tre mesi il regno di un giovane direttore italiano, Antonio Bombini. È di Bisceglie, ha studiato informatica ma la tradizione di famiglia (attiva nella ristorazione da due generazioni) l’ha portato a fare esperienze nel settore in Asia: prima a Hong Kong e adesso nella capitale nipponica. Di solito supervisiona il bar e i due ristoranti del piano, il cantonese Sense e il francese Signature. È quest’ultimo (anch’esso stellato Michelin) a essere stato sfrattato dal clan Noma, con il suo biglietto da visita di Sasaki in stile nippo-mediterraneo. “È un’opera d’arte. E noi non teniamo a ambientazioni scandinave”, chiarisce un partner di Noma che rivela come la clientela sia per circa metà giapponese e per l’altra metà di tutto il mondo, compresi vari “aficionados”.
All’ingresso ci sono anche cartoncini che propongono articoli da cucina “designati specificamente per Noma e disponibili solo per i nostri ospiti, con spedizione dopo il 14 febbraio (tokyostore.noma.dh). Sono stati realizzati da artigiani giapponesi per l’occasione. Alla reception del Mandarin al 38esimo piano (si sale con una grande scalinata panoramica) appaiono invece installazioni di design danese, con un cartello che inneggia a “Denmark+Japan: where horizon meet shared philosophies” e articoli in vendita (da borse a orologi) del gruppo Skagen. L’intera iniziativa ha il supporto del governo danese, il cui ambasciatore a Tokyo, Carsten Damsgaard, sta cercando di promuovere la Nuova Cucina Nordica, che a suo parere ha molti principi comuni con quelli della tradizione culinaria nipponica.
Il flirt del 37enne chef-filosofo con il Giappone non è una novità: è amico ed estimatore di Yoshihiro Murata, il testimonial del washoku con cui ha scambiato esperienze già sei anni fa. E, in numerosi viaggi, l’anno scorso ha viaggiato in lungo in largo per il Giappone (Okinawa compresa) alla ricerca di ingredienti e idee da utilizzare e rielaborare. Ma provare l’”ankimo” o le creazioni di tofu di Redzepi non è una questione di prezzo : resta un sogno, salvo che per pochissimi.
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