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Amarone: Tommasi alla sfida del nuovo ricambio generazionale

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Vino

Amarone: Tommasi alla sfida del nuovo ricambio generazionale

“Terreni brutti ma in posti buoni e belli”. Con il faro di un vecchio detto di famiglia tramandato di generazione in generazione, il brand della Valpolicella Tommasi Viticoltori (una delle 12 etichette dell’Associazione delle famiglie dell’Amarone d’arte) è diventata un’azienda da 500 ettari circa di vigneti in quattro diverse regioni (Veneto, Lombardia, Toscana e Puglia), una produzione di 2,2 milioni di bottiglie e un fatturato di 22 milioni di euro. Numeri significativi ma che lasciano anche immaginare un grande potenziale produttivo e di crescita ancora tutto da esprimere. Uno squilibrio positivo quindi che disegna anche la traiettoria e le sfide dello sviluppo futuro che dovranno necessariamente passare da un’evoluzione dell’azienda da brand familiare a impresa attrezzata per i mercati internazionali.

Le tappe della campagna acquisti

«Acquistare terreni brutti in posti buoni e belli – spiega il titolare Dario Tommasi – è un vecchio adagio di famiglia che risale ai primi anni del ‘900 e al fondatore Giacomo Battista Tommasi. L’idea è che un terreno anche se in disordine e dall’aspetto malconcio può cambiare completamente volto con appena un’ora di lavoro con l’aratro. La location e la bontà, invece, quella non può essere cambiata facilmente ed è importante che abbia un proprio appeal per sviluppare il business aziendale anche in senso turistico». L’altro grande insegnamento che risale al fondatore riguarda infatti proprio l’attenzione all’ospitalità. Già la prima azienda Tommasi, nata dallo smembramento della Tenuta Campostrini dei Conti Rizzardi, dei quali i Tommasi erano mezzadri, offriva ospitalità a Parona di Valpolicella, sull’unica strada all’epoca che da Trento portava a Verona. «E oltre a un agriturismo ante litteram – aggiunge Tommasi –  il nostro capostipite aveva anche avviato una vendita diretta di vino. Davvero un precursore».

Dall’ospitalità all’agriturismo

L’opzione ospitalità è sempre stata presente nello sviluppo di Tommasi, prima con l’investimento in Villa Quaranta, un hotel 4 stelle con annessa spa a Ospedaletto di Pescantina (Verona) ma anche negli anni successivi è stata una costante delle altre operazioni dove accanto ai vigneti c’è sempre la possibilità di offrire ospitalità se non un’attività già avviata di agriturismo.

Lo shopping di tenute e aziende vitivinicole è cominciato negli anni ’90 con l’acquisto di altri 60 ettari (55 dei quali vitati in un unico vigneto) proprio nella Valpolicella. Un’acquisizione che ha fatto di Tommasi uno dei principali player dell’area dell’Amarone. Ma è poi proseguita con gli acquisti nel Veronese a Bardolino, Custoza e nella Doc Lugana (nella quale più di recente sono stati rilevate superfici anche nella provincia di Brescia sulla sponda Lombarda del Lago di Garda). Nel ’97 con l’acquisto di 66 ettari della Tenuta Rompicollo a Pitigliano (Grosseto) si è dato il via al progetto toscano di “Poggio al Tufo” poi proseguito con le acquisizioni della tenuta Doganella (24 ettari dedicati alla produzione bio) e nel 2012 della Tenuta Albore di Scansano (80 ettari) nel cuore della Docg del Morellino. La campagna acquisti dopo due ulteriori “sconfinamenti” prima in Lombardia, dove è stata rilevata la Tenuta Caseo,un’azienda in Oltrepo pavese a Santa Maria La Versa e poi in Puglia con la Masseria Surani a Manduria in Puglia (80 ettari) si è poi (ma solo per ora) conclusa con il coronamento di un sogno: l’acquisto a Montalcino, a inizio 2015, di Podere Casisano e dei suoi 22 ettari vitati.

Dopo gli investimenti produttivi la sfida si sposta ora sul mercato

Dopo questi rilevanti investimenti produttivi, per la Tommasi si sta però aprendo una fase del tutto nuova nella quale l’attenzione si dovrà spostare più sul mercato. Il potenziale produttivo infatti c’è tutto, occorre ora concentrarsi sulla conquista di nuovi mercati e di nuove fette di consumatori anche grazie a una differente filosofia di management. A cominciare ad esempio da una differente strategia di brand per un’etichetta dietro la quale c’è una realtà importante e articolata che non in molti conoscono. «Io so bene – aggiunge Tommasi – che dopo oltre mezzo secolo in cui io e i miei fratelli, la terza generazione Tommasi, siamo stati in prima fila, a un orizzonte non troppo lontano si stanno affacciando ora sia la prospettiva di un nuovo ricambio generazionale come anche la possibilità di aprirsi a professionalità nuove ed esterne. Vere e proprie rivoluzioni per un’azienda come la nostra che in oltre 110 anni di storia ha sempre visto la famiglia in prima fila.  Famiglia che ha guidato una lunga fase nella quale abbiamo raggiunto dimensioni di rilievo e un grande potenziale produttivo che adesso bisognerà far esprimere. Siamo decisi ad accompagnare questa nuova stagione di sviluppo nella quale troveranno spazio, rivestendo nuove responsabilità, sia rappresentanti della quarta generazione Tommasi già in azienda, sia professionalità provenienti dall’esterno. Come sono stati affrontati tanti altri momenti chiave della storia della nostra famiglia, uniti, accompagneremo anche questo passaggio a una fase nuova».

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