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Braulio: così, dal 1826, passa di padre in figlio la ricetta segreta dell'amaro

Tredici erbe per una ricetta segreta, di cui sono a conoscenza solo due persone al mondo, i pronipoti del fondatore, custodi gelosi della specialità di famiglia, nonostante oggi il brand sia di proprietà di un grande gruppo internazionale come Campari.

Ricetta tramandata di padre in figlio

Edoardo Tarantola Peloni prepara la miscela di erbe con la stessa meticolosità con cui il suo bisnonno, il farmacista di Bormio – e appassionato botanico – Francesco Peloni nel 1826 mise a punto per la prima volta la ricetta del suo amaro Braulio, un digestivo dal moderato contenuto alcolico (21°) che prese il nome dal monte valtellinese sul quale venivano raccolte erbe, radici e bacche per la preparazione. La vera produzione, però, ebbe inizio solo nel 1875. E da allora il marchio uscì dai confini della Valtellina – fu molto amato anche da Gabriele D’Annunzio – ed ebbe diverse vicissitudini, passando di mano prima alla Casoni Liquori di Finale Emilia, poi alla Fratelli Averna, che a sua volta è entrata a far parte di Gruppo Campari nel 2014. Ma la produzione, e soprattutto la segretissima ricetta, è sempre rimasta in mano alla famiglia Peloni, tramandata di padre in figlio, nel cuore di Bormio. Anzi, sotto il cuore di Bormio, come vedremo.

Tre raccoglitori nel parco dello Stelvio

Il segreto è tale che per essere mantenuto ed evitare dannose ‘fughe’ Edoardo prepara la miscela di erbe, radici e bacche in una stanza sempre chiusa a chiave, alle sei di sera o di sabato mattina, comunque sempre dopo l’orario di lavoro, quando gli operai hanno lasciato lo stabilimento e non c’è pericolo di occhi indiscreti. Solo lui e il fratello, infatti, sanno gli ingredienti giusti e le proporzioni di questi frutti di natura, ancora raccolti a mano. Un tempo erano 15 raccoglitori ufficiali, oggi ridotti a tre, che vanno per le pendici dei monti del Parco Nazionale dello Stelvio.

Per fortuna, il mercato internazionale sopperisce per il mancante: servono infatti 350 kg di ingredienti secchi macinati per ogni infusione. Il composto essiccato all’aria e pestato, per separare e schiacciare le fibre come nel mortaio del farmacista, viene quindi messo da Edoardo in una soluzione idroalcolica (8mila litri in fusti d’acciaio) a temperatura ambiente. Occorrono circa 30 giorni per estrarre i principi attivi delle erbe. Da lì inizia la storia del Braulio, che è anche una discesa per quattro piani sotto la casa della famiglia Peloni e per centinaia di metri quadrati nel centro della città. Se infatti lo stabilimento si sviluppa in verticale sotto il suolo, le cantine (visitabili) sono un dedalo di stanze, corridoi, collegamenti che si dirama da via Roma, dove sorge la prima e originaria stanza di invecchiamento, per buona parte del paese. “L’espansione del business – confessa Tarantola Peloni – ha portato via via all’acquisizione di sempre più cantine adiacenti alla nostra per riporre le botti a invecchiare”.

Come un labirinto sotterraneo, le varie stanze si ramificano su due piani sotto le strade e le case della città vecchia, utilizzando in parte gli stretti cunicoli che un tempo erano le vie di fuga che consentivano alla popolazione di trarsi in salvo all’arrivo degli invasori. E’ un attimo perdersi tra le 320 grandi botti in rovere di Slavonia dalla capacità di 90 e 125 ettolitri, usate per far maturare e affinarsi l’amaro per due anni (tre anni per il Braulio Riserva, prodotto in quantità limitata dal 2000). Basta girare l’angolo sbagliato e perdere la guida per imbattersi in stanze che ospitano raccolte di erbe, cimeli di famiglia, esposizioni di prodotti e piccoli barrique riservati agli esperimenti personali di Edoardo.

In produzione anche birra artigianale

La Famiglia Peloni, oltre per il Braulio, è nota per la produzione di birra artigianale, la Birra Stelvio, in vendita da oltre 15 anni e per la grappa. Per fortuna a proteggere i malcapitati sperduti c’è il nume tutelare del Braulio. In un nodo del legno di una delle botti di invecchiamento compare un’immagine singolare, formatasi nel corso degli anni in modo naturale: uno gnomo che sembra vigilare sull’affinamento. Mentre ad aiutarli ad uscire è il pianto del neonato figlio di Edoardo, che dalla casa di sopra indica la strada verso la salvezza agli intrusi. Non sia mai che il segreto di famiglia venga svelato, del resto sarà lui il prossimo custode.

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