Food24

Cambio vita e apro una pasticceria? Dai corsi ai fornitori, cinque…

  • Abbonati
  • Accedi
in Primo Piano

Cambio vita e apro una pasticceria? Dai corsi ai fornitori, cinque consigli per fare centro

Il dolce alla fine. E se fosse all’inizio, con una pasticceria pronta all’inaugurazione nel centro di Milano, Roma o Firenze? Lo sognano in tanti, stando al boom di iscrizioni ad accademie, scuole e seminari su una “arte dolciaria” che stravolge il suo menù da un chilometro all’altro. Sfogliatelle ipocaloriche, colazioni “ready to go” di frutta secca e yogurt, abbonamenti a caffè e brioche con prezzi dimezzati dalla crisi… Gli spunti ci sono. Ma la pratica richiede tempi e budget definiti, prima di un balzo mal calcolato da cene con gli amici a vere e proprie attività commerciali:  «L’importante – sottolinea Gabriele Bozio, responsabile pasticceria di Scuola d’Impresa di Cast Alimenti – è non confondere la pasticceria come hobby con la pasticceria come negozio o impresa. Nella mia carriera di formatore ho visto diversi casi, in proposito. E può essere un grosso errore». Ecco cinque consigli per chi sogna la “sua” pasticceria. Senza salti nel vuoto.

1) La formazione è d’obbligo

Un dessert indovinato piace a te e agli ospiti. Due dicono qualcosa in più. Ma da qui a giocarsi energie e finanze su un esercizio commerciale, il passo è tutt’altro che breve. La formazione incide, perché  case history di pasticcerie “self made” oscillano tra qualche exploit e diversi scivoloni. Secondo Bozio, quello che non si assorbe con la sola esperienza è una «capacità di creare il proprio lavoro» maturata sui banchi di scuola secondaria e corsi di specializzazione. Il curriculum di base direbbe istituto alberghiero, senza vincoli eccessivi: corsi paralleli o del tutto estranei ai percorsi di scuola superiore o università possono avvicinare all’abc di laboratorio e bancone. È il caso dei moduli di formazione erogati da enti come Confartigianato o Confcommercio, senza parlare degli indirizzi specifici di accademie culinarie (come nel caso della stessa Cast o di Alma, ndr). Per chi si limita ai primi, i prezzi non sono proibitivi: dai 500 ai 1000 euro per seminari che forniscono le basi di laboratori, abbinamento dolce-beverage, merceologia.  «I corsi di formazione professionale sono fondamentali: non solamente saper fare il prodotto ma saperlo vendere, presentare, gestire” dice Bozio. “Il problema che si nota alla volte, nello stesso alberghiero, è l’educazione all’imprenditorialità, a saper gestire la propria attività».

2) Occhio al budget (e alle licenze)

L’investimento dipende da più fattori: metratura, servizio offerto, macchinari. La base non si scosta da un minimo di 40-50mila euro per un «laboratorio standard» di 100 metri quadri, con servizio di dolci ed eventuali bevande al bancone. Se poi ci si allarga a posti a sedere e stanze interne, la cifra lievita tra affitto e licenze specifiche. «La pasticceria “pura” può limitarsi alla licenza artigiana anche se offre al banco bevande o piatti veloci (non considerati servizio bar, ndr) – sottolinea Bozio – Se andiamo sul servizio diretto, come è naturale, c’è qualche vincolo in più. Comunque se si parla di caffè e colazioni è molto più semplice raggiungere un accordo di quanto non fosse un tempo». E l’igiene? I corsi Confartigianato riservano moduli da 20 ore a un fattore decisivo – e stupirebbe il contrario – nella gestione del negozio. «Sull’igiene ci sono leggi che vanno a interpretazione locale, comunale – spiega Bozio -. È bene informarsi subito su quello che prevede la Ulss locale». Per evitare soprese. Al pasticciere e al suo cliente…

3) Su cosa puntare?

Il talento fa la sua. La zona, il resto. Se aprite una pasticceria nel via vai di uffici di Milano, l’investimento più ovvio sarà su colazione o break pomeridiani. Se alzate la serranda di fronte a qualsiasi università, potreste insistere su convenzioni e sconti per matricole. Se vi spartite il mercato in un borgo “ad alto tasso di ristorazione”, logo e qualità tengono a galla rispetto alla concorrenza… Secondo Bozio, una start up che ricalca le pasticcerie vecchio stampo rischia di avere vita breve. Come evitarlo? Le «esplorazioni sul territorio» sono il primo metro per capire su cosa concentrarsi: «Bisogna fare una ricerca nel territorio e domandarsi: che tipo di locale aprire? Se la pasticceria classica non è attuale, quella che si vuole aprire deve comprendere e rispondere alle esigenze del pubblico della sua zona». E per i dolci in vetrina? Fantasia libera, con uno scrupolo in più su ritmi e diete della clientela. La base minima non possono che essere torte e brioche. Il resto va in direzione dell’incrocio (non sempre riuscito) tra rapido e salutare. «Sicuramente ci sono i cosiddetti prodotti da passeggio: gli “snack su stecco” a base di yogurt o cereali per una colazione in strada – spiega Bozio -. L’importante è offrire colazioni o spuntini completi, che possano essere mangiati in (relativa) fretta senza intaccare la salute».

4) Macchinari e spazi, la parola all’esperto

Se vi muovete in quello che a New York chiamerebbero “micro-ristorante”, uno spray mix mastodontico potrebbe creare qualche problema. Bozio, non a caso, consiglia il parere di progettisti e consulenti prima di qualsiasi disposizione sull’uso degli spazi: «Anche se si tratta di un semplice laboratorio, è bene affidarsi a progettisti e liberi professionisti del settore – spiega Bozio -. Così da aver chiaro il tipo di produzione, i macchinari necessari e come non sovrastimare gli spazi». Quanto alle materie prime, dal burro di cacao alle confetture, «è bene non avere un fornitore, ma tanti fornitori, per orientarsi in maniera più chiara sul mercato – fa notare Bozio – Magari all’origine il suo rapporto qualità/prezzo è tra i più convenienti. Ma se cambiasse e perdesse terreno rispetto ad altri? È meglio mantenere più di un’alternativa».

5) Il consiglio: prudenza. E sconti

Bozio, «dopo anni da formatore» di aspiranti pasticcieri, invita alla prudenza. Passione e pratica non si accordano sempre, soprattutto se la crisi rende (ancora) più sconsigliabili gli investimenti di solo istinto. «Le domande devono essere due: una passionale e una razionale – evidenzia – Quella passionale è sul tipo di vita che vorrei fare, le attività da proporre alla mia clientela. Quella razionale è su quanto potrei resistere con un budget di partenza che – ripeto – non scende mai sotto a una certa asticella”. Una marcia in più, come era prevedibile, si ingrana sui prezzi: sconti e tariffe, meglio se pubblicizzati online, fidelizzano il cliente e offrono qualcosa in più (nel vero senso del termine) a chi vi sceglie per la prima volta.

© Riproduzione riservata