
Charming Italian Chef. O se preferite Chic, acronimo azzeccato per un’associazione tra le più interessanti del panorama italiano. Non è un sindacato di categoria, non è il punto d’incontro di un gruppo che si autocertifica (tipo i Jeunes Restaurateurs), non è una lobby di settore. Dal 2009, Chic aggrega quelli che operano nella ristorazione – in gran parte sono nomi conosciuti – ma in ruoli diversi: tra i novanta iscritti ci sono chef patron, cuochi dipendenti, osti, pasticcieri, pizzaioli-gourmet.
Una verticalità che non ha riscontri in Italia e che si basa sul concetto che ognuno di questi specialisti ha l’obiettivo di svolgere al meglio – in concreto – il proprio ruolo di “ambasciatore” dei prodotti e della cucina tricolore.
L’organigramma dell’associazione rende l’idea del livello di serietà. Presidente è Marco Sacco del Piccolo Lago (Verbania), i vice sono Paolo Barrale di Marennà (Sorbo Serpico, Avellino) e Stefano Masanti de Il Cantinone (Madesimo). Il consiglio direttivo è completato da Fabio Baldassare del The Corner (Roma), Pietro d’Agostino de La Capinera (Taormina), Flavio Costa del 21.9 (Albisola), Angelo Sabatelli dell’omonimo ristorante (Monopoli) e Pino Lavarra del Tosca al The Ritz Carlton di Hong Kong. Il direttore è Raffaele Geminiani.
Non c’è dubbio che un’altra caratteristica di Chic è l’essere composta da eccellenti – se non ottimi – professionisti, che si vedono poco ai congressi e in televisione. Ai già citati, possiamo aggiungere nomi illustri quali Andrea Aprea, Enrico Bartolini, Felice Lo Basso, Fabio Barbaglini, Luca Collami, Ivano Riccobono, Enrico Gerli, Corrado Fasolato, Rosanna Marziale, Alessandro Gilmozzi.

E non mancano tre profeti della pizza quali Renato Bosco, Franco Pepe ed Enzo Coccia. Spiega Marco Sacco, che fa parte dei pionieri di Chic: “Al di là dell’amicizia e della stima reciproca, quello che conta è il progetto. Ci siamo ritrovati nel concetto di proporre una cucina italiana e creativa, nel rispetto delle materie prime che restano la miniera del nostro Paese. Ci piace l’idea di portare questa filosofia in casa e all’estero attraverso iniziative che vanno oltre il nostro impegno quotidiano in cucina”. Da qui nascono eventi come le cene Chic a più mani – ospitate nei locali degli associati – e The Kitchen Tour dove invece i cuochi escono dalle loro “tane” e diventano protagonisti di un incontro con le realtà del settore e del territorio. E ancora la partecipazione a manifestazioni e fiere di settore come le cene di gala per aziende o enti.
Perché il business non è secondario, anzi. “Non siamo finti o benefattori – continua lo chef-patron del Piccolo Lago – nel nostro statuto la promozione è uno dei concetti base: l’associazione è gestita da una srl, il fatturato non è secondario e quando un cuoco partecipa a un evento riceve il suo gettone di presenza. Siamo partner di aziende che si rivolgono al mercato della ristorazione di qualità come organizzare catering o creare eventi per le Regioni”. E all’estero? In effetti, mai come adesso ha più senso puntare fuori casa che sulla penisola martoriata dalla crisi. “Intanto, c’è ancora molto da lavorare anche in Italia – chiude Sacco – ma evidentemente è nostra intenzione promuovere Chic fuori dai nostri confini dove c’è tanta voglia di italianità e non sempre trova soddisfazione, in quanto la cucina proposta loro non è all’altezza. Invece, la cosa bella della nostra associazione è che tutti sanno esaltare un “nostro” prodotto, anche il più semplice, mettendo sia chiaro il tocco personale”.
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