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Da Carmencita alla fata bionda della birra. Viaggio nella tavola italiana…

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Ristoranti

Da Carmencita alla fata bionda della birra. Viaggio nella tavola italiana dal '50 ad oggi: in mostra a Roma

I colori, gli slogan e i “tratti” delle pubblicità sul cibo che hanno segnato il costume italiano dagli anni Cinquanta ai Settanta circondano la sala al secondo piano del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Sono le immagini che compongono il viaggio lungo vent’anni della mostra “Il cibo immaginario”, curata da Marco Panella, che rimarrà allestita fino al 6 gennaio 2014. Un viaggio nell’evoluzione dell’estetica pubblicitaria attraverso inserzioni che figuravano in riviste come Oggi, Epoca, Tv Sorrisi e Canzoni, Le ore, Gioia, La domenica del Corriere, ecc., ma ci sono anche calendari, depliant, ricettari, cataloghi premio, scatole di biscotti e giochi in plastica. Qualcuno ricorderà le navi giocattolo date in omaggio da Pavesi o le costruzioni Elah. Insomma materiali “poveri”, li definisce Panella, che non sono stati trovati in musei aziendali, ma in mercatini, cantine e case di privati.

Si racconta una storia “immaginaria” che ha segnato il nostro passato, che fa parte della storia della comunicazione e che ci fa tornare indietro nel tempo quando il frigorifero era una chimera. Solo agli inizi degli anni Cinquanta diventò “l’oggetto del desiderio”. Eccolo pubblicizzato da Westinghouse o da Fiat (“a sbrinamento automatico”), poco più in là ci sono le inserzione dell’Atlantic Elettric del 1958 con la sua pentola a pressione “che cucina in un attimo con il minimo consumo di combustibile” e del frullatore CGE.

Nel 1951 un sondaggio Doxa rivelava che il 35% delle massaie italiane usava le pagliette per pulire le stoviglie, il 29% il pomice, il 25% il sapone, ma per fortuna nel ’53 arriva il detersivo “Trim che costa 50 lire e basta per una settimana” e insieme anche i guanti Pirelli. All’inizio erano semplicemente illustrazioni, poi si fanno strada gli slogan per catturare l’attenzione. Anche la tv con Carosello segnerà l’inserzionismo cartaceo: l’industria italiana della Birra consigliava di ascoltare Mina, il successo di Gemma con Gringo lo porta nel 1966 ad essere immortalato tra scatole di carne Montana, mentre Armando Testa firmava la pubblicità del Caffè Paulista con gli indimenticabili Caballero e Carmencita.

La famiglia e i bambini diventarono presto testimonial, a loro si rivolgeva il mercato per consumare. Ecco le famiglie italiane (rigorosamente composte da 4 elementi) protagoniste delle pubblicità di Barilla, Star e Coca Cola. Colpisce una bambina a mani giunte che dice: “…e fa che la mamma mi dia anche oggi il formaggino Mio”. Poi c’è l’Italia del benessere legata al concetto sacro di tempo libero raccontata, ad esempio, nella pubblicità del Cynar “contro il logorio della vita moderna”.

Non poteva mancare la seduzione che irrompe nella comunicazione. Nel 1963 l’attrice Elena Sedlak consigliava in body l’amaro Cora, mentre nel 1970 la tedesca Solvi Stubing seduceva l’Italia con “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. Il nesso tra prodotto e icona dell’advertising diventerà sempre più sfumato, la propensione all’acquisto fa leva sulla rappresentazione della seduzione femminile. Ed è solo l’inizio, basta pensare alle pubblicità di oggi in cui i corpi sostituiscono i prodotti.

 Il cibo immaginario. 1950-1970 Pubblicità e immagini dell’Italia a tavola

3 dicembre 2013 – 6 gennaio 2014

Palazzo esposizioni, Roma

A cura di Marco Panella

www.palazzoesposizioni

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