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Dieci passiti a colpo sicuro per un fine pasto di sapor mediterraneo

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Vino

Dieci passiti a colpo sicuro per un fine pasto di sapor mediterraneo

E’ uno dei metodi più antichi applicati al vino, quello di aggiungere uva passa al mosto. Ne parlava Omero quando raccontava dell’uva stesa ” a candire” a Creta. E fa un certo effetto pensare che, a distanza di migliaia di anni, certi recettori gusto-olfattivi possano non essere cambiati così tanto: l’arancia candita, l’albicocca disidratata, il dattero, il fico, fino al carrubo e al cioccolato, ovvero il vino Passito. Ma ciò vuol dire che sono tutti uguali? Affatto e la degustazione tecnica organizzata in occasione della rassegna Passitaly a Pantelleria ne è la prova: sono vini che risentono del territorio, che poi vuol dire vento, sole, mare, terreni e mano dell’uomo.

Quasi tutte le aziende presenti sull’isola – con qualche defezione importante come quella di Ferrandes e Solidea – hanno partecipato alla degustazione tecnica. In assaggio c’erano 18 Doc Passito di Pantelleria, nella versione “naturale”, che prevede l’appassimento di parte dei grappoli in pianta e/o su stenditoi all’aperto.
Questi sono i nostri migliori dieci
Sole d’agosto 2012 – Marco De Bartoli: questo è il Bukkuram più “semplice” (l’altro è Padre della vigna), ma ha già tutto quello che serve per essere considerato un grande passito: naso di terziari sfaccettati ed eleganti, bella nota mielosa, bocca coerente tra morbidezza e freschezza, speziato, avvolgente e fresco, lunghissimo e con un balsamico che pulisce la bocca all’infinito. Nel bicchiere vuoto ci sono note di cenere e fumo. Mal d’Africa.

Sangue d’Oro 2010 – Carol Bouquet: esempio perfetto di equilibrio naso/bocca che si contraddistingue per eleganza e giusto taglio tra morbidezze e acidità. Dattero e albicocca, ma anche salvia e mirto. Il residuo zuccherino sembra importante ma è bilanciato da un’acidità spiccata. Un vino assolato ma fresco. Due bottiglie, una da bere, l’altra da conservare.
Abraxas 2013 – Abraxas: un vino ancora giovane ma che fa tesoro di una bella annata fresca. Il colore infatti non si presenta carico e il naso fa emergere note di terra e di the, leggera lacca e poi arancia candita; in bocca ci sono l’albicocca piuttosto fresca e sentori agrumati. Il finale si allunga su salvia, mirto e zenzero. Orientaleggiante.
Cimillya 2010 – D’Ancona: ecco cosa vuol dire dolce ma non stucchevole. Naso e bocca ruspanti ma franchi: albicocca, dattero, fichi secchi. Finale lunghissimo e balsamico che lascia la bocca pulita e che invita ai sorsi successivi. Come le ciliegie.
Ben Rye 2012 – Donnafugata: il “figlio del vento” ha bisogno di poche presentazioni. In questa versione 2012 appare piuttosto “caldo” con una nettissima albicocca che sovrasta le pur presenti note di erbe aromatiche. La lunghezza in bocca è da manuale, anche se l’acidità soffre un po’. Assaggiato anche il 2013 che ha una marcia in più in termini di piacevolezza di beva. A colpo sicuro.
Nun 2009 – azienda Miceli: ha colore dorato piuttosto vivido che ne denota ancora la giovinezza. Il naso è bello ma non colpisce per complessità, così la bocca, che emerge per freschezza e piacevolezza. Perché aspettare futuri riflessi ambrati quando si può godere adesso di note di mirto, salvia e menta? Niente temporeggiamenti.
Figlio del vento 2008 – azienda Zinedi: il primo naso non colpisce per vivacità degli odori, al contrario si mostra chiuso e reticente e rimane così per molto tempo. La bocca è il suo esatto contrario, un’esplosione di sensazioni, le classiche del passito pantesco: albicocca, dattero, arancia candita. Piuttosto viscoso nel bicchiere, presenta bella acidità e lunghezza in bocca. Per chi può aspettare.
Shamira 2011 – Basile: Qui si gioca più sulla potenza, sulle note scure; è vino materico che rimane impresso più per il corpo che per l’eleganza. Non teme una leggera ossidazione e un certo salmastro. Ricco in bocca e finale ammandorlato. Più sigari e meno dolcetti.
Mueggen 2009 – Salvatore Murana: vivo è la prima parola che lo connota, perché è di un oro brillante, perché ha frutta viva, perché richiama l’albicocca ma anche il limone. E scalpita ancora con una volatile ancora alta che rende la beva non del tutto equilibrata. Scalpitante.
Nes 2012 – Cantine Pellegrino: tra le etichette di Passito di Pantelleria, Nes è tra quelle con il più alto numero di bottiglie – circa 40 mila – senza che la qualità ne risenta. Il naso è leggermente burroso e ricorda il croissant, subentra poi l’arancia candita; in bocca è potente, un po’ troppo sbilanciato sulla dolcezze, dove dominano miele e papaya. Nell’insieme però è un vino godurioso. Neofiti dei vini dolci.

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