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Dopo il passaggio a La Doria Althea rilancia i sughi pronti

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Dopo il passaggio a La Doria Althea rilancia i sughi pronti

Era il 1932 quando il marchio Althea venne lanciato a Parma dai fratelli Amilcare e Carlo Bertozzi, i primi a mettere in barattolo il sugo per la pasta che poi acquistò fama per il prodotto di punta, il Sugòro accompagnato dal popolare slogan degli anni ‘60: “Althea, ottima idea”. Dopo alterne vicende – è transitata anche nell’orbita della multinazionale anglo-olandese Unilever – nel 1997 Althea viene acquisita dalla famiglia napoletana Ricciulli, che l’ha ceduta nello scorso ottobre (per 62,2 milioni di euro) al gruppo La Doria, colosso della lavorazione del pomodoro. Un’operazione che ne ha fatto il primo produttore italiano di sughi pronti – con l’etichetta delle catene Gdo – e una forte presenza sui mercati stranieri.

100 milioni di vasetti l’anno

Althea del resto è un’azienda con ottimi numeri: dal ’97 quando aveva un fatturato pari a due milioni di euro, ha chiuso il 2014 a quota 71,7 milioni di cui circa 17 nel mercato interno. Potremmo definirla una gigantesca cucina in cui vengono lavorati ogni anno 50mila tonnellate di pomodori in modo da realizzare circa 100 milioni di vasetti di vetro. E con ben venti gamme ad hoc – con 140 referenze in totale – è impossibile non venire incontro alle esigenze del consumatore come spiega Giuseppe Tammaro, direttore commerciale Italia La Doria.
«Abbiamo due siti produttivi, a Parma e Napoli, interamente dedicati alla produzione di sughi pronti – racconta -. Il marchio Althea ha una lunga storia, ed è stato rilanciato sul mercato con uno scopo: fare solo ottimi sughi pronti. E per ottimi intendo sughi che sfatassero l’opinione comune che un sugo pronto debba essere un prodotto da consumare in emergenza, quando non si può cucinare. Abbiamo voluto differenziarci dai sughi pronti comuni e arrivare a quel pubblico capace di apprezzare una qualità superiore, con solo olio d’oliva, verdure fresche e un gusto del tutto simile al sugo preparato in casa».

In tre anni dall’ingresso di Althea sugli scaffali l’azienda ha raggiunto la terza posizione sul mercato dei sughi pronti e quest’anno tocca una crescita del 40% rispetto all’anno scorso. Questo anche grazie alla volontà di superare il mercato tradizionale delle passate di pomodoro.
«Da subito – dice Tammaro – abbiamo attirato l’attenzione del mercato con l’introduzione dei sughi monodose in ben nove gusti diversi di sughi rossi e quattro pesti. Un’offerta che ha subito incontrato il favore dei consumatori e dei retailers e ha contribuito a supportare il lancio delle altre linee, sempre con qualcosa di innovativo. Ad esempio i sughi bio, prima relegati ai negozi specializzati e spesso non in linea con le aspettative di gusto attese dal mercato». Recentemente, studiato per la Salsa genuina di datterini, è tornato Sugoro. «Nel prossimo futuro c’è un’altra sfida. Abbiamo studiato 4 nuove ricette di sughi classici, in formati più grandi. Per portare l’innovazione dell’alta qualità anche nelle taglie più tradizionali».

Eat different, non solo un claim pubblicitario

Pur non avendo grandi budget a disposizione, la comunicazione dell’azienda vuole rispecchiare la distintività di prodotti con modalità originali, creative, giovani. «Vogliamo dire che ‘eat different’ mangiare differente, cioè un sugo pronto buono, ad esempio, è possibile. Siamo contro tutti i pregiudizi – continua Tammaro –  quelli relativi ai sughi pronti ma anche tutti gli altri. E in sintonia con questa nostra identità, abbiamo organizzato la partita della prima squadra di rugby gay d’Italia, Libera Rugby Club, tra i grandi ex nazionali di Italian Classic e campioni degli All Blacks all’Arena Civica di Milano».

Il mercato dei sughi pronti è piuttosto stazionario, con presenza di alcuni big player e molti piccoli produttori, staccati per pezzi prodotti. «Se pensiamo che ci siamo proposti sul mercato con il brand Althea rinnovato solo tre anni fa non possiamo che essere molto soddisfatti. In più la recente acquisizione del marchio da parte del Gruppo La Doria, il principale produttore di pomodoro in Italia, ha nettamente rafforzato la nostra solidità e capacità di affrontare i mercati esteri. Intanto, per un certo pubblico siamo diventati un piccolo ‘lovemark’. Forse per via del nostro pay-off che ci descrive bene: Amore e sughi».

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