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Ecco i ristoranti milanesi che hanno fatto affari con Expo

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Ecco i ristoranti milanesi che hanno fatto affari con Expo

Archiviato Expo è arrivato il momento di cominciare a trarre qualche bilancio anche per la ristorazione cittadina. E’ vero che la manifestazione di Rho non ha avuto l’effetto traino sperato? Lo abbiamo chiesto ad alcuni ristoratori e la risposta, come era facile immaginarsi, non è stata univoca. Per alcuni Expo ha significato più clienti stranieri, per altri l’occasione di confrontarsi con altre cucine del mondo. Per altri ancora, più mestamente, si è risolto in una riduzione del fatturato.

Luca Cinacchi, F&B manager del café e ristorante Trussardi alla Scala, ha riscontrato un maggior afflusso di clientela straniera, soprattutto negli ultimi due mesi di Expo. «Il tipo di clientela che ha scelto Ristorante Trussardi, per sua natura già internazionale nella frequentazione dei suoi ospiti, non è cambiata. Abbiamo però notato un aumento di prenotazioni durante i weekend da parte probabilmente di visitatori anche di Expo. Inoltre siamo stati scelti come vetrina da alcune aziende produttrici di sakè per diversi eventi all’interno del ristorante, un’esperienza che mi ha permesso di interiorizzare gusti e una cultura gastronomica a me lontana nella quotidianeità». D’accordo Andrea Aprea, executive del ristorante stellato Vun, all’interno dell’hotel Park Hyatt: «Grazie ad Expo abbiamo avuto un incremento di presenze al ristorante, trend però in crescendo da anni, con una media di 28 coperti su 32 a sera, soprattutto per quanto riguarda una clientela internazionale. Abbiamo inoltre ospitato diverse personalità politiche e diplomatiche, tra cui, per citarne una su tutti, Michelle Obama. Expo ha rispecchiato le nostre aspettative».

Anche Alberto Citterio, Executive Chef di Duomo21 in piazza Duomo afferma: «Dall’inizio del periodo di Expo le nostre attività hanno avvertito positività e aria nuova, la città di Milano, già internazionale, si è arricchita ulteriormente di ospiti e culture diverse con voglia di confrontarsi e comunicare».
Non tutti la pensano però allo stesso modo. Per Roberto Di Pinto, executive chef del ristorante Bulgari, Expo non ha dato molti riscontri: «La nostra clientela è al 77% milanese e solo 33% estera: gli ospiti dell’hotel mangiano in media solo una sera per pernottamento. Nonostante l’hotel sia stato sempre pieno non abbiamo goduto di eventi particolari né incentivi come ristorante. Devo dire però che non mi aspettavo nulla di diverso: sull’onda dell’entusiasmo della nuova gestione del ristorante ho puntato sulla qualità proponendo un menù gourmet ma finalizzato a chi rimane, anche dopo Expo».
Della medesima convinzione lo chef Massimo Moroni del ristorante Gin Rosa, in Galleria San Babila: «Sulla nostra attività Expo non ha avuto un effetto positivo, anzi, possiamo dire che abbiamo avuto un calo della clientela, soprattutto nelle fasce serali. L’evento ha portato molte persone, come tutti sappiamo, sul luogo dell’evento, ma l’effetto sperato di volano positivo sulla città non c’è sicuramente stato. Possiamo quindi dire che Expo 2015 non ha risposto alle nostre aspettative e a quanto era stato prospettato, anche in base alle iniziative realizzate in città».

E Felice Lo Basso del ristorante Unico? Il più vicino alla fiera di Rho e alla sede dell’esposizione universale e resident del programma “Expo di stelle” promosso dall’associazione Charming Chef? «Mi aspettavo più fermento in generale per Expo e a Milano in particolare. Mi sono mosso dalla Val Gardena anche in visione di una realtà più mediatica e invece le mie aspettative sono state insoddisfatte. L’iniziativa “Expo di stelle” è stata ben ideata e organizzata come un “fuori Expo” ma purtroppo ha coinvolto solo gli appassionati gourmet perché chi è venuto a Milano solo per visitare il sito dell’Expo si fermava lì a cenare».
Expo-ottimista si conferma invece Maida Mercuri, proprietaria del Pont De Ferr: «Expo ha reso la città di Milano più vivibile e francamente sono più interessata che i clienti vengano a trovarmi nel lungo periodo, non solo per i sei mesi di Expo. La città è più pulita, funzionale, i mezzi di trasporto sono stati implementati, tutto questo rende la città più appetibile. Ho moltissimi stranieri come clienti (circa il 20% con punte del 40% durante certe serate) e quindi mi fa piacere quando tornano».
Tiepidi i commenti di Andrea Berton, dell’omonimo ristorante: «Sono convinto che Expo sarà il traino per il futuro di Milano, in quanto ha creato interesse per un pubblico straniero. Sostanzialmente per il mio ristorante non ho però riscontrato grandi scostamenti dall’abituale. Posso calcolare un 20% di clientela straniera in più ma il mio zoccolo duro sono stati i clienti abituali che mi seguono da prima di Expo, e spero anche dopo».

Per Marco Ambrosino, chef del ristorante 28 posti in zona Navigli, Expo non ha portato grandi benefici, paragonato soprattutto ad altre manifestazioni che rendono Milano davvero viva e frequentata da stranieri come il Salone del Mobile o la settimana della moda. «E’ più facile che un cliente gourmet con l’occasione di cenare al nostro ristorante abbia deciso di vedere Expo che il contrario», sentenzia.
Una voce che si discosta dal coro è quella di Tano Simonato dello storico ristorante Tano passami l’olio: «Expo è stato un vero flop per i ristoratori di Milano, ha portato una clientela che non è nel mio target e che si è fermata a mangiare direttamente in Expo, spendendo anche cifre non correlate alla qualità di quello che hanno consumato. Avevo grosse aspettative che sono state deluse. La maggior parte della clientela straniera che è venuta nel mio ristorante è arrivata, come di abitudine, dalle recensioni della guida Zagat: nulla di nuovo, insomma».
Cosa succede all’aereoporto di Linate? Lo chef Michelangelo Citino del ristorante omonimo è appagato: «Il fatturato è aumentato del 50% e ha contribuito a far conoscere il locale a una clientela prevalentemente italiana, venuta in visita ed Expo, ma che viaggia con una certa frequenza. Questo trend inoltre si sta mantenendo tale».
Pro Expo anche Lorenzo Castellini, uno dei soci di Un Posto a Milano: «E’ stata una bella opportunità: durante i sei mesi di Expo abbiamo registrato la visita di circa 73mila presenze, tra italiani e stranieri – circa l’8% in più rispetto allo stesso periodo del 2014. C’è stato un netto incremento di ospiti stranieri (in particolare giapponesi – grazie anche a un programma di eventi legati alla cultura giapponese – ma anche visitatori dalla Cina, dalla Russia, dall’Inghilterra e dai Paesi dal Nord Europa, dalla Francia e dagli Stati Uniti) e di presenze legate ad attività aziendali. Abbiamo cercato di attenerci il più possibile al tema “Nutrire il pianeta”, organizzando visite con agricoltori e ristoratori stranieri, ma anche con privati cittadini, presso aziende agricole che ci riforniscono di materie prime e gli “aperitivi agricoli” degustazioni di piccole realtà produttive d’eccellenza».
Per Yike Weng, proprietario dei due ristoranti Bon Wei e Dim Sum non ha invece riscontrato sostanziali differenze: «I nostri sono locali di alta cucina cinese, che rappresentano per lo straniero una seconda scelta dopo quelli di cucina italiana, quando si resta in città per periodi brevi. L’unico piccolo incremento è dovuto a quei cinesi che avevano voglia della “cucina di casa” fatta bene, con materia prima scelta».

Daniel Stremizc, gestore di El Gaucho è invece un po’ amareggiato: «I sei mesi sono stati abbastanza difficili e complicati, molti si aspettavano un incremento del lavoro, in realtà la media dei ristoranti ha perso all’incirca il 25%. Noi ci siamo difesi, abbiamo perso circa il 12-13% rispetto allo scorso anno nei primi quattro mesi, da settembre invece le cose sono andate meglio, più o meno nessuna variazione, e ad ottobre un incremento sopra il 10%. Pensavo che Expo potesse essere una grande opportunità, ma il biglietto serale a 5€ ha decisamente penalizzato la città».

Anche Erwan Maze, titolare del Tasca non ha preso con filosofia la flessione degli incassi pari al 25-30% durante i mesi di Expo: «Le mie aspettative sono state decisamente deluse». I due soci del ristorante enoteca Faccio Cose Vedo Gente, Luca Valentini e Massimilliano Russotto, dichiarano che di Expo «si è sentito parlare tanto ma non abbiamo riscontrato nessuna differenza significativa, d’altronde non avevamo grosse aspettative. Pensiamo sia scontato che chi visita Expo rimanga sul sito anche per cena. L’unico piccolo decremento delle nostre attività è stato al momento dell’aperitivo»”.

I soci di Polpa Burger Trattoria hanno esultato alla chiusura di Expo: «Il fatturato è calato circa del 30% rispetto agli anni precedenti, un dato che anche molti nostri colleghi hanno riscontrato e quindi in linea con il sentore in città. Solo il polo di Rho Fiera ha beneficiato del flusso turistico indotto da Expo. Ci aspettavamo che Expo portasse un netto afflusso verso i nostri punti vendita, ma non è stato così». Niccolò Miucci, gestore del centralissimo ostello con bar e cucina Ostello Bello, al contrario di quello che ci si aspetterebbe, dichiara che l’unica differenza rispetto agli anni precedenti è stato un aumento degli italiani rispetto agli stranieri che hanno soggiornato e, di conseguenza, dei consumi al bar, per un target che si aggira dai 20 ai 30 anni.

Un breve scorcio di luci e ombre sui retroscena di Expo per quella che doveva essere la città favorita del 2015 per tutti i ristoratori e gli imprenditori nel campo del cibo.
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