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Frutta urbana: erbe e frutta di città in una app

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Mestieri del cibo

Frutta urbana: erbe e frutta di città in una app

Nel parco della Garbatella, alla periferia di Roma, quando i melograni sono maturi, il team di Frutta Urbana, primo progetto italiano di mappatura, raccolta e distribuzione della frutta che cresce in città, si prepara alla raccolta. Così per le arance amare di via del Porto Fluviale o i fichi in vicolo della Moretta: il raccolto viene consegnato a mense sociali e a banchi alimentari. Solo una parte viene venduta e inserita in circuiti alternativi come i Gas, i mercati contadini, i ristoranti e i negozi che lavorano con prodotti locali e di filiera corta. Il tutto con il contributo di cittadini comuni e dei volontari di RomaAltruista. La pratica, diffusa già in Canada, Stati Uniti e Inghilterra, è la nuova frontiera dell’agricoltura cittadina.

Roma e Milano, frutteti diffusi (e non inquinati)

Anche Milano è un frutteto diffuso: ciliegie in piazza 8 Novembre, cachi in via Benedetto Marcello, nespole in via Tommaso da Cazzaniga. E albicocche, prugne, mele, limoni, a seconda della stagione. Un prezioso bottino che, fino a qualche tempo fa, marciva a terra. «Era uno spreco insensato – afferma Michela Pasquali, architetta del paesaggio, che organizza foraging urbano con la sua associazione no profit Linaria – la frutta che cresce in città non è trattata con fertilizzanti o pesticidi e quindi è meno inquinata di quella che si trova comunemente in commercio. Abbiamo già eseguito numerose analisi e presto avvieremo una collaborazione con l’Istituto di igiene della Sapienza di Roma per effettuare prelievi anche dai suoli». I ricercatori del Dipartimento di Animal & Plant Sciences all’Università di Sheffield affermano inoltre che le particelle inquinanti che si depositano sulle piante possono essere facilmente rimosse con un lavaggio accurato e non si accumulano all’interno dei frutti.

La mappa di Frutta Urbana, tutti gli alberi in una App

Nella mappa creata da Frutta Urbana, viene indicata la posizione esatta di tutti gli alberi: 1.500 fra Roma e Milano, geolocalizzati anche in una App. Oltre a visualizzare importanti dati sulla biodiversità e sul patrimonio botanico delle città, a indicare i luoghi della raccolta, evidenzia ogni specie con un simbolo grafico e una scheda che elenca il nome scientifico e quello comune della pianta, le proprietà nutrizionali e le diverse possibilità di utilizzo della frutta. Il progetto ha suscitato interesse: a Roma molti comitati di quartiere chiedono di trasformare i frutteti di parchi e giardini in luoghi di aggregazione sociale. A Milano invece si frequentano workshop per piantarne di nuovi. E i laboratori per le scuole, i corsi di formazione professionale e per la progettazione, sono seguitissimi.

Crespiglio e more di gelso, foraging nei parchi cittadini
Ma nelle città non crescono solo alberi da frutto. “Fatevi un giro a Villa Pamphili e troverete più di 40 varietà di erbe spontanee e mangerecce”, assicura Dafne Chanaz, esperta in economia dei territori e in urbanistica. Anzi, nei parchi cittadini l’urban foraging viene meglio:“In ambienti totalmente selvatici prevalgono le erbe dominanti a danno di quelle più timide”. Nello storico parco romano cresce il favagello (“una ranuncolacea buonissima con i gamberi), il crespigno (“simile alla cicoria e al cardo”), il tarassaco, l’ortica, i porri selvatici. E mandorle, more di gelso, fiori di tiglio. Proprio a Roma, nel quartiere di Monteverde, Dafne ha fondato la Casa del cibo: “risveglia” consumatori urbani passivi, vittime del marketing, in una piccola fattoria urbana con orto, vermicompost, conserve, caminetto, sapone preparato con la cenere, un armadio per le fermentazioni. Ogni anno 20 studenti dell’Università di Washington seguono le sue lezioni su Cultura e politica del cibo in Italia. E mentre stappa il suo spumante di fiori di sambuco spiega che “il rapporto tra città e campagne lo definiscono le filiere alimentari”. E che c’era “più ecologia nelle cucine domestiche matriarcali di una volta che nei più moderni veganesimi”.

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