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I primo italiano con due stelle Michelin in Francia? Si chiama Il Cortile…

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I primo italiano con due stelle Michelin in Francia? Si chiama Il Cortile ed è in Alsazia

Il mondo è cambiato: il Noma è a Copenghagen e non a New York, c’è il primo locale stellato a Varsavia (dove pensavano che la Michelin si occupasse solo di pneumatici) e il ceviche sta diventando tema di conversazione quanto il sushi. Ma anche se i muri stanno cedendo uno dopo l’altro, scoprire che in Francia un ristorante italiano – Il Cortile di Mulhouse – è arrivato alle doppia stella fa scattare il legittimo pizzico di orgoglio ma soprattutto invita a una sana riflessione. Trattasi di novità assoluta nella storia della Rouge Michelin e sostanzialmente meglio di lui – parlando di cucina tricolore nel mondo – c’è solo il famoso Otto e Mezzo di Hong Kong che Umberto Bombana ha portato alle tre stelle e al 39° posto nella 50 Best Restaurant.

Due stelle partite da lontano

La storia de Il Cortile è fuori dal comune, dietro non ci sono giovani talenti fuggiti dall’Italia, né gruppi importanti che hanno investito sulla ristorazione o storici patron con più sedi nel globo. Semplicemente l’avventura di un coraggioso pugliese, Stefano D’Onghia, arrivato con il padre emigrante a Mulhouse in cerca di lavoro. Dopo otto anni, capisce che il wine & food può cambiare la sua esistenza: rileva un negozio di gastronomia nel 1969, si sposta una ventina di anni dopo a Colmar – sempre in Alsazia – ma le cose funzionano meno. Ma D’Onghia non si perde d’animo, studia da Sormani – punto di riferimento per la cucina italiana a Parigi – e fa il grande passo: apre Il Cortile – a ridosso del centro storico di Mulhouse – insieme al figlio Sebastien e allo chef transalpino Jean-Michel Feger. “Un triumvirato che funziona come un orologio” scherza il patron che ha colto la prima stella nel 2006 e da qualche settimana ha raddoppiato, sorprendendo un po’ tutti in Francia e in Italia. “La verità è che mai come ora i clienti e noi qui ne abbiamo anche di belgi, svizzeri e tedeschi cercano la nostra cucina, quella dei sapori intensi, e noi facciamo di tutto per proporla al meglio. Senza sconvolgerla, lo sottolinei”.

Un menù tradizionale

In effetti, a leggere il menu de Il Cortile si prova la stessa sensazione riscontrata alla mitica Locanda Locatelli, stellata e amatissima a Londra: ravioli ripieni di Castelmagno con spuma dello stesso formaggio e tartufo nero; rognone servito con gli asparagi avvolti nel culatello; toma piemontese tagliata a fettine sottili condita con olio d’oliva e lamelle di tartufo nero. A chi storce il naso o pensa siano fermi agli anni ’70, D’Onghia ha pronta la risposta. “E’ la nostra cucina, sicuramente diversa da quella di molti chef importanti. Io trovo che stanno modificando l’essenza dei piatti italiani, contaminando più che esaltando i prodotti. In alcuni casi, vedo che addirittura li smontano e poi li rimontano: sia chiaro, sono bravissimi ma non seguono la mia logica e i gusti del grande pubblico”.

I prodotti? Acquistati in Germania

A proposito di prodotti, come fate a gestire questa cucina mediterranea-italiana? “Abbiamo un solo importatore in Germania che ci fornisce circa il 50% della materia prima, il resto viene acquistato qui – spiega – il segreto per un ristorante italiano all’estero è non inseguire la chimera di avere le piccole produzioni “da casa”, semmai deve limitare al minimo i passaggi come facciamo noi per non rovinarsi economicamente”. Beh, adesso in molte città straniere, ci si potrà servire da Eataly, no? “Non conosco Farinetti, leggo che sta facendo cose incredibili e all’estero è una locomotiva per il made in Italy. Ci voleva comunque, non ha idea di quante persone in passato hanno fatto danni all’immagine della nostra cucina e soprattutto dei nostri prodotti. Per fortuna, oggi, mi sembra che i dilettanti se ne stiano a casa”. Senta D’Onghia, ma lei che ci lavora da 45 anni fianco a fianco, cosa pensa dei “cugini”, spesso dipinti come spocchiosi verso la nostra cucina? “Per molti versi, loro si sentono ancora i migliori e per due motivi he hanno diritto: hanno creato la professione del cuoco e hanno portato i loro piatti nel mondo già decenni fa, grazie alla capacità imprenditoriale dei più grandi.

Il vero problema? Trovare camerieri

Come ci vedono? In grande crescita, non siamo più i cugini poveri. Tra l’altro, in comune con i patron italiani, hanno il problema della sala: qui tutti vogliono fare i cuochi e non servire”. Mal comune, mezzo gaudio. A proposito di chef, il titolare de Il Cortile ha un debole per Heinz Beck. “Ho mangiato recentemente a La Pergola: formidabile, è un cuoco straniero che difende tantissimo l’identità dei prodotti. Non nascondo che la sua carbonara ha ispirato la nostra idea, meno d’avanguardia ma interessante: facciamo gli spaghetti di patata e sopra ci mettiamo un uovo cotto a bassa temperatura e del tartufo nero. Questa per me è cucina italiana contemporanea”. Detto che il menu degustazione de Il Cortile è di 95 euro (ma ne esiste uno da 79 con due piatti e dessert o un pranzo di lavoro a 35) e che la cantina ha 400 etichette di vini italiani, chiediamo a D’Onghia il piatto simbolo di questa nuova stagione con due stelle sul blasone. “Il raviolo di broccolo saltato, con emulsione di acciughe e acciughe in tempura: tecnica ed emozione pura, visto che era una ricetta di mia madre che abbiamo rivisto in chiave moderna. Buonissimo”. Così è, cari gourmet innamorati dell’avanguardia, anche se (non) vi pare.

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